L’articolo è tratto dal nostro repertorio di numeri cartacei
Terra e aria a New York
Mettere insieme una figura della mitologia araba come un genio e una figura della mitologia ebraica come un golem è un bella idea. C’è un incrocio di culture potenzialmente esplosivo, così come un crogiuolo di culture potenzialmente esplosivo è la New York di inizio ’900. Magia e superstizione trovano ampio spazio nei vicoli di New York, ogni popolo si porta dietro un retaggio culturale tradizionale ancora molto forte, insieme a vecchi mestieri come lo stagnino, il fornaio… È qui, in questo crogiuolo, che si incontrano e si scontrano un golem dall’aspetto femminile, una figura è il caso di dirlo statuaria ma comunque piacente, e un genio che ha l’aspetto di un bel ragazzo nonostante abbia più di quattrocento anni. Ai due non è fatto segreto della natura straordinaria dell’altro ed entrambi rimangono affascinati dall’essenza dell’altro. Il resto dei due microcosmi in cui i due si trovano a vivere invece ignora per lo più il loro segreto. Tre cose li accomunano: vengono entrambi da lontano, faticano a capire e sopportare i limiti della vita umana, e non dormono mai. Ed è la notte che li fa incontrare.
Coprotagonisti di questo bel romanzo sono alcuni personaggi tormentati che si trovano ad avere a che fare con forze più grandi di loro, qualcuno intravede la verità, qualcuno la conosce già, qualcuno vuole usare queste due forze della natura a proprio vantaggio, qualcuno invece li vuole aiutare, qualcuno infine viene travolto dalla verità. Presente e passato si rincorrono in una storia che è quasi d’amore, gli manca solo l’elemento umano che fa dell’amore, l’amore. Altra peculiarità umana invece li investe in pieno ed è la cattiveria, la bramosia di potere e di possesso che in qualche modo li lega attraverso uno dei coprotagonisti, che è molto umano ma in qualche modo attraversa i secoli. Azzeccare un libro come opera prima non è cosa da poco. Con Il genio e il golem Helene Wecker ci è riuscita bene.