Breve trattazione su come scorgere il movimento che rimandano le cose ferme.
Esistono grandi biografie. E altre piccolissime, stanziali, destinate a rimane nascoste sui davanzali, sulle ringhiere dei balconi, sulle mensole del soggiorno. Come la pietra nel fiume, che racconta la storia dell’acqua che l’ha modellata, dei fenomeni atmosferici che l’hanno movimentata e dei pesci che l’hanno sfiorata, ci sono elementi che ci circondano sui quali le nostre vite rimangono impresse come diari da sfogliare nei momenti di smemoratezza, come oracoli da consultare affinché ci indichino la via nei momenti oscuri. Questi elementi, di consolazione e resurrezione, vegetali e geografici, possono essere definiti piante.
Potos_Scindapsus aureus
Sulla dimenticanza.
Come il più fedele dei cani, il Potos sta. Protagonista indiscusso degli uffici pubblici, della saletta del direttore della posta, dello sportello del cassiere in banca. Fa capolino dietro l’impiegato dell’anagrafe, ci strizza l’occhio dalla scrivania dell’assicuratore, ci lancia un grido d’aiuto dal davanzale interno dello studio senza cuore di un notaio. Fa sfoggio di sé dietro la porta a vetri dell’ingresso del condominio, unico abitante del bianco androne da quando il portiere se ne è andato, che tanto le telecamere bastano. Ci osserva suadente, irraggiungibile, da sopra la testa dell’addetto alla cassa in pizzeria. Tossisce, l’ultimo fumatore passivo, e ci racconta la storia di quel bar di montagna frequentato da anziani avventori. Lui lo sa, che una volta abbassata la serranda a metà, tra un bianchino e una mano di briscola, una sigaretta al chiuso non si nega a nessuno (ed, in effetti, fuma anche il barista). Vive una seconda vita quando si trasferisce dall’ufficio alla casa dell’amministrativo che sta andando in pensione, si adagia mollemente sulle ringhiere delle case vacanze in affitto che devono essere sì un poco curate, ma non così tanto da mostrare una personalità eccessiva. Chic prêt-à-porter.
Non esiste nel mondo vegetale una pianta più bistrattata del Potos. Forte, resistente, cangiante, il colore delle sue foglie muta dal verde cristallino a quello cupo con il passare delle stagioni. Cresce vigoroso, necessita di poca acqua, si adatta ai climi secchi e umidi senza soffrire. Si arrampica e crea geometrie imprevedibili cercando il sole. Come l’ultimo apostolo ci evangelizza in tema di generosità ed altruismo senza chiedere nulla in cambio, così che noi, inconsapevoli stolti incuranti nel chiedere il permesso, possiamo nutrire le burocrazie del nostro quotidiano di turgore tropicale. Ci perdona la nostra indifferenza, e ci mostra come essere bellissimi bastando a se stessi.
scrittura ELENA SORBI
disegno ALICE SCARTAPACCHIO
Assonanza: Jonathan Franzen, Libertà https://it.wikipedia.org/wiki/Libert%C3%A0_(romanzo)