La mia preferita è la password che il protagonista de Il pendolo di Foucault deve indovinare di fronte al computer del suo amico Belbo, rapito dai diabolici a Parigi. Ce l’hai la parola d’ordine? – chiede il computer – e Casaubon le prova tutte: prima le dieci Sefirot, poi la parola Dio in tutte le lingue antiche, poi tutte le combinazioni di lettere della parola Yahweh, e solo dopo molte ore e infiniti tentativi, all’ennesimo – Ce l’hai la parola d’ordine? – perde la pazienza e scrive NO! Che ovviamente è la password corretta…
Come tutti sanno, una password è una sequenza di lettere o numeri (o altri glifi), che oggi consente l’accesso ad una risorsa informatica.
Ma nell’antichità, l’uso di parole d’ordine era la principale forma di riconoscimento in ambito militare. Le sentinelle di guardia chiedevano una parola d’ordine a chi si avvicinava, e consentivano il passaggio solo a coloro che ne erano a conoscenza.
Impossibile stabilirne l’inventore, ma lo storico greco Polibio ci riporta la procedura con cui le parole d’ordine venivano trasmesse in un accampamento dell’esercito romano. L’addetto – chiamato tesserarius – veniva scelto dal manipolo più distante dalla tenda del tribuno. Al tramonto riceveva da quest’ultimo la tavoletta di legno (tessera) su cui era scritta la parola segreta (di solito breve e facile, mica tutti sapevano leggere…). Rientrava presso il proprio manipolo, la consegnava al proprio comandante, che la passava al comandante del manipolo successivo e così via. In questo modo la tessera passava di mano in mano fino ad essere restituita ai tribuni, prima che scendesse la notte. In tal modo, se tutte le tavolette venivano restituite, i tribuni sapevano che la parola d’ordine era stata data a tutti i manipoli. Se ne mancava una, dai segni identificativi si scopriva quale manipolo non l’aveva restituita, e naturalmente si puniva il responsabile.
In tempi più moderni, in ambienti di spionaggio e controspionaggio, alla parola d’ordine doveva essere data risposta con una contro-parola d’ordine. Dopo lo sbarco in Normandia, i paracadutisti della 101a Divisione aviotrasportata degli Stati Uniti usarono la parola flash, e una contro-parola che era tuono.
Oggi tutti utilizziamo quotidianamente le password, e tutti abbiamo lo stesso problema: sono tante, tantissime. Ognuno di noi deve ricordare decine e decine di codici, pin, puk, account e password, così tanti che ci siamo abituati tutti al fatidico Password dimenticata? e addirittura si trovano apposite app per poterle memorizzare tutte…
Google ha dato un contributo indicando in particolare le password da non usare. Attenzione: non usate la vostra data di nascita. Né di un familiare. E nemmeno date collegate ad anniversari. Non usate il vostro nome o soprannome o il vostro sport preferito. Non usate il nome del vostro gatto o del vostro cagnolino. Non usate il nome della vostra città o luogo di nascita. Non usate la sequenza 123456 e soprattutto non usate la parola password!
Roberto Ossani – Docente di Design della Comunicazione – ISIA Faenza