Una macchina da presa estremamente mobile, impegnata a registrare la realtà, la vita che scorre davanti al suo obiettivo. In “La scomparsa di mia madre” di Beniamino Barrese la macchina da presa è di sicuro una coprotagonista insieme a Benedetta Barzini, modella, giornalista, docente universitaria e femminista impegnata.
Ritrarre un soggetto così complicato non è un compito semplice e solo una macchina da presa disposta a nascondersi, a infilarsi negli interstizi più scomodi poteva riuscire a cogliere tutte le sfumature di una personalità come quella di Benedetta. Barrese la segue nella sua vita quotidiana in casa e all’università dove attraverso la moda regala ai suoi studenti pillole di riflessione femminista. Benedetta modella emerge invece attraverso immagini del passato e del presente. Infine, ovviamente, Benedetta madre: un rapporto piuttosto complicato denotato da una sorta di attaccamento morboso del figlio nei confronti di una madre il cui concetto di maternità non corrisponde certo a quello tradizionale. In fondo, Benedetta se ne vuole solo andare.
Queste immagini, rubate da un privato infastidito da una ripresa indagatrice, si mescolano e si confondono con quelle del film che si sta costruendo. In effetti “La scomparsa di mia madre” è anche in certi aspetti un lavoro metacinematografico, che propone una riflessione sul come si fa cinema a partire proprio da quella presenza insistente nella macchina da presa. Una presenza che talvolta si fa persino visibile, riflessa in uno specchio insieme al suo operatore e regista. Il farsi del documentario si trasforma in una vera e propria linea narrativa a parte, con il mostrare la selezione e il trucco dell’attrice incaricata di interpretare Benedetta da giovane, la discussione tra madre e figlio sulla costruzione di alcune scene ed in particolare la scelta del finale che si definisce in maniera dialettica proprio davanti alla macchina da presa.
Grazie a una tale regia, “La scomparsa di mia madre” regala al pubblico un prodotto insolito dove la quotidianità intima e privata viene violata e disvelata insieme alla costruzione narrativa del film stesso.
Martedì 17 marzo, Cinema della Verità, Ridotto del Teatro Masini Faenza, ore 21 – info: accademiaperduta.it