Odiava le motociclette, Corradino D’Ascanio.
Oh, era un ingegnere geniale, eh? Appassionato di aeronautica quando questa ancora non esisteva, inventò il primo vero elicottero moderno, e brevettò progetti disparati, dal forno elettrico per cottura di pane e per pasticceria alla macchina elettropneumatica per la catalogazione e ricerca rapida di documenti, una macchina che utilizzava schede perforate per l’azionamento di circuiti elettrici.
Ma odiava le motociclette, D’Ascanio. Odiava doverle scavalcare per sedervisi sopra, odiava la postura anti-ergonomica a cui il pilota era costretto, e odiava i pantaloni sporchi di olio del motore.
E fu proprio per questo che Enrico Piaggio lo scelse, nel 1945, mentre cercava di riconvertire la sua azienda dopo il disastro bellico. Piaggio aveva in mente una nuova idea di motocicletta, un mezzo per tutti, che fosse l’idea della rinascita nel Dopoguerra. A dire il vero ci stava provando da due anni, e con l’ingegner Renzo Spolti aveva realizzato il progenitore della Vespa, l’MP5 Paperino, così denominato in analogia alla FIAT Topolino… Ma non era convinto per niente, e così coinvolse D’Ascanio.
Il geniale ingegnere riciclò le sue conoscenze aeronautiche, e disegnò la prima moto a scocca portante, senza il tubolare in acciaio. Spostò il cambio sul manubrio, semplificandone l’uso. Dai carrelli per gli aerei mutuò l’idea della sospensione anteriore, e dai propulsori di avviamento aeronautici ricavò il concetto del motore. Motore che, peraltro, coprì con la scocca, per salvare i pantaloni dalle macchie d’olio, appunto.
Aggiunse la ruota di scorta: eravamo nel dopoguerra, le strade non erano mica tanto asfaltate…
Ma soprattutto, disegnò la linea generale della Vespa attorno alla postura del pilota, e non viceversa. E il risultato fu una comoda poltrona con le ruote.
Leggenda narra che fu l’imprenditore, Piaggio, ad esclamare Sembra una vespa! quando sentì lo strano rombo (?) del motore. E da lì nacque il nome.
Il progetto fu registrato nel ’46, e dopo una prima accoglienza freddina da parte del mercato, negli anni successivi il successo fu esplosivo ed internazionale (il Times la definì «un prodotto interamente italiano come non se ne vedevano dopo la biga romana»). Dai 2.484 scooter venduti nel primo anno, che diventarono 10.535 l’anno seguente, nel 1948 l’azienda arrivò a produrre 19.822 mezzi. Da allora fu un crescendo di successo e di vendite: oggi si superano le 200.000 unità all’anno.
E si contano a decine i tributi cinematografici, da Vacanze romane a La dolce vita, a American graffiti, a Caro diario, che ne hanno consacrato definitivamente il mito.
Tutto questo nato da un designer che ha rivoluzionato il mondo della motocicletta, che ha creato un’intramontabile icona (capace, dopo più di settant’anni, di continuare a rappresentare il Made in Italy in tutto il mondo), ed era un meraviglioso geniale ingegnere che odiava le motociclette…
Roberto Ossani, Docente di Design della Comunicazione, ISIA Faenza