La Certosa di Parma. La città sognata di Stendhal interpretata da Carlo Mattioli

0
406
Carlo Mattioli - Il Teatro Regio - tecnica mista su carta - Collezione privata

In occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020 a Palazzo Bossi Bocchi la Fondazione Cariparma e Fondazione Carlo Mattioli presentano una mostra dedicata a Stendhal e al suo più celebre romanzo, La Certosa di Parma, reinterpretato dal pittore Carlo Mattioli.
La mostra “La Certosa di Parma. La città sognata di Stendhal interpretata da Carlo Mattioli” racconta dei diversi tempi del romanzo, dalla sua fulminante ideazione e stesura (fu scritto in 53 giorni, meno di due mesi, tra novembre e dicembre 1838), alla sua immediata pubblicazione e fortuna editoriale: grazie alla preziosa collaborazione del Complesso Monumentale della Pilotta-Biblioteca Palatina, saranno circa una cinquantina le edizioni, in lingua francese e italiana, che accompagneranno il visitatore lungo il percorso di mostra, dalla prima in francese dell’aprile del 1839 alle più recenti, arricchite anche dagli esemplari conservati nella Biblioteca di Busseto di Fondazione Cariparma e nella Biblioteca della Deputazione di Storia Patria.
Grazie alla collaborazione con il Musée Stendhal di Grenoble in mostra saranno un ritratto dello scrittore e alcuni cimeli, oggetti che contribuiranno a ricreare l’ambiente in cui Stendhal scrisse il romanzo. L’esposizione prosegue attraverso i luoghi e i personaggi del romanzo fermati in un “tempo immaginifico”; di questo mondo stendhaliano si è fatto interprete, negli anni Cinquanta, Carlo Mattioli con dipinti, opere su carta ed inedite ceramiche che hanno portato finalmente, nel 1977, alla pubblicazione del libro d’arte La Certosa di Parma edito da Azzoni di cui Fondazione Cariparma possiede un prezioso esemplare all’interno della collezione di Libri d’Artista donata da Corrado Mingardi.
Mattioli disegna una Parma presa quasi sempre di notte e da un punto di vista sempre
leggermente ribassato perché risulti maestosa. Una città completamente vuota o percorsa da file geometriche di soldatini in uniforme che vanno chissà dove sull’eco di un inutile o tardivo ordine dato solo per dare “geometria” e prospettiva alla scena. Una città cupamente ideale fatta di piazze dilatate e deserte, di palazzi con lunghe teorie di finestre buie e vuote, come se gli abitanti fossero fuggiti, inseguiti da un invasore. Una città senza tempo, con la magnificenza nera di un sogno di Piranesi che si è immerso nelle acque padane, allucinate e metafisiche che bagnano la vicina Ferrara di De Chirico.
Compare la basilica della Steccata nella notte. Poi la chiesa “del Quartiere” vista scorciata
in un vuoto siderale. Poi la prigione, la torre Farnese che si sovrappone come un lapsus alla
Certosa in cui Fabrizio finirà i suoi giorni. Quella Parma, Mattioli la vuole nera, con bagliori blu, lunari, punti di bianco mobili, le uniformi degli onnipresenti soldatini. Fra i tanti personaggi raccontati da Stendhal l’artista ha privilegiato il protagonista, Fabrizio del Dongo e la sua divina scriteriata giovinezza destinata a soccombere. Colto sempre di profilo, con la tuba nera, i capelli biondi e il mantello rosso mosso dal vento, Fabrizio domina incontrastato sulla fantasia dello scrittore e del pittore fino al tragico epilogo della storia.
Delle avventure di Fabrizio e dei suoi spasimi la mano del pittore non registra quasi nulla,
così come dei tanti comprimari. Molti capitoli li ignora, li ritiene inutili, non vuole fare illustrazioni: solo un accenno di racconto nell’arresto di Fabrizio in piedi accanto alla carrozza su cui siede Clelia; e poi Fabrizio che corre, pugnale in mano, dopo aver ucciso Giletti, la torre Farnese in lontananza a memento.
Per il resto nulla: o le scene vuote o il personaggio, Fabrizio, che riempie tutto, il foglio ma
prima ancora la mente. La sua bellezza soverchiante è come quella delle figure dei vasi attici, colta sempre di profilo. Fabrizio è dove deve essere.
La Certosa di Parma, La città sognata di Stendhal interpretata da Carlo Mattioli (che vede
il patrocinio dell’Ambasciata di Francia) è una straordinaria occasione per approfondire un
monumento letterario che fu in grado, ma lo è tutt’ora, di richiamare su Parma l’attenzione del mondo della cultura.
Numerosi gli eventi collaterali all’esposizione accompagnati da quattro conferenze previste a Palazzo Bossi.

Dal 22 febbraio al 31 maggio 2020
Parma, Palazzo Bossi Bocchi, Strada al Ponte Caprazucca 4. Orari: martedì e giovedì 15.30/18.00 – sabato e domenica 10.00/12.30; 15.30/18.00. Nelle festività del 12 e 13 aprile e 1° maggio è previsto il seguente orario: 15.30 – 18.00. Info: museo@fondazionecrp.it.