Daniela Piccari e Laura Della Godenza: un’attrice-cantante e una guida turistica-museale creano immagini e mondi. Alcune note, pensando a Rilke.
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Due donne straordinarie.
Che più diverse non si può: Daniela Piccari e Laura Della Godenza, rispettivamente attrice-cantante e guida turistica-museale.
In loro ci siamo imbattuti, in due distinte ma temporalmente e spazialmente ravvicinate occasioni, nelle ultime ore e giorni.
In entrambe abbiamo ammirato una poderosa capacità di costruire mondi attraverso la voce e le parole.
O, meglio, una chirurgica sapienza nel dar luogo a immagini e, dunque, a stimolare immaginari.
Daniela Piccari in Edith, Edith. Canzoni e racconti di vita di Edith Piaf (presentato nell’ambito del calendario di attività in programma al Ridotto del Teatro Diego Fabbri di Forlì) articola un percorso che intreccia frammenti biografici, presentati con terrigna delicatezza, a brani più o meno celebri del repertorio della chansonnière, eseguiti con l’accompagnamento di pianoforte e contrabbasso.
Il risultato è affatto commovente: termine da intendersi sia in senso comune (questa colta e al contempo popolare forma di teatro-canzone provoca emozioni), sia nell’accezione etimologica del far muovere assieme chi dice (e canta, e suona) e chi ascolta.
Un’analoga dinamica è stata messa in atto in un contesto totalmente differente da Laura Della Godenza.
In concomitanza con la mostra del fotografo americano Steve McCurry Il cibo (in corso ai Musei San Domenico di Forlì), gli instancabili “sollecitatori culturali” Marco Viroli e Gabriele Zelli hanno ideato quattro visite alla città, sullo stesso tema, condotte dalle guide di Confguide Forlì: in occasione dell’appuntamento dedicato al Mercato coperto della città, Della Godenza ha proposto un discorso che ha sapientemente messo in opera alcune modalità tipiche della narrazione tradizionale.
Con precisione, calore e semplicità ha sviluppato un racconto che, a mo’ di zoom fotografico, ha giustapposto senza posa accadimenti generali e minuti dettagli, sempre attenendosi alla narrazione di fatti e alla concreta descrizione di luoghi, cose e persone.
In entrambe queste proposizioni culturali, le realtà trattate hanno avuto carattere ora biografico / individuale ora riguardante la (le) società: talvolta prendendo ad oggetto eventi e personaggi conosciuti dai più, talaltra ponendo al centro dell’attenzione frammenti di culture variamente arcaiche (o comunque altre).
La cecità infantile della Piaf e gli improperi dei sensali nelle osterie del centro: poste le innegabili differenze di contenuto, è stato possibile rintracciare un’analoga, salvifica aria di familiarità, a contraddire la frammentarietà a cui i diversi consumi culturali ci hanno, ahinoi, abituato.
Dovesse interessare, per inciso: di tali questioni si è intensamente occupata, negli ultimi quarant’anni, la “sociologia del gusto”, a partire dal fondativo saggio La distinzione. Critica sociale del gusto di Pierre Bourdieu. La tesi del sociologo e filosofo francese è (detta schematicamente): le pratiche di apprezzamento e di consumo culturale sono determinate da network sociali pre-esistenti. Gli studi successivi arrivano a valutare vero anche l’esatto contrario: sono i diversi stili di consumo e apprezzamento culturale a generare le reti sociali. Cioè: abitiamo una società in cui il gusto si converte “all’istante” in forme di relazione tra individui, e il consumo culturale offre una base per interagire tra soggetti con interessi simili. Il gusto diventa un modo per costruire reti, insomma.
Tornando alle analogie fra le due protagoniste di queste poche righe: entrambe hanno applicato codici comunicativi d’immediata trasparenza, ibridando linguaggi senza mai allentare il rapporto con lo spettatore, coltivando in forma d’esperienza i contenuti del proprio comunicare ed esercitando di fatto due tipi di testimonianza, quella da loro direttamente esperita nell’affinare il codice usato (in primis la voce e la parola) e quella dei referenti esterni (i fatti, le persone e le opere oggetto del discorso), così incuneati nel loro eloquio da diventarne al contempo oggetto e materia, significante e significato.
Piccari e Della Godenza, infine (ma si potrebbe a lungo, per gratitudine, continuare) hanno dato luogo a una sorta di poetica della testimonianza: non simulando la presenza delle figure ma facendole esistere nel loro dire, al fine di produrre un tessuto di esperienze che include e talvolta modifica la memoria dell’ascoltatore.
Detto altrimenti: i contenuti delle fabule presentate hanno assunto forma di racconto venendo incurvati verso il momento della loro evocazione comunitaria. Al principio del passaggio di informazioni si è sostituito quello della messa in contatto. Affinché esso si verifichi è necessario che i (in questo caso le) referenti acquisiscano nei riguardi dell’argomento un’autorevolezza (questa certo non manca) che le renda idonee non solo a descrivere ciò di cui parlano, ma anche a mediarlo, ad addensarlo in “oggetti mnemonici” che interloquiscono con i ricordi dell’ascoltatore.
A tal proposito, pare appropriato concludere con un frammento di Rainer Maria Rilke nel quale lo scrittore austriaco tratteggia la comune condizione creaturale a cui il lavoro di Piccari e Della Godenza dà occasione e origine: «Mai fu la nostra vita così piena di incontri, di arrivederci, di transiti come quando ci accadeva soltanto ciò che accade a una cosa o a un animale: vivevamo la loro come una sorte umana ed eravamo fino all’orlo colmi di figure».
MICHELE PASCARELLA
Edith, Edith, visto al Ridotto del Teatro Diego Fabbri di Forlì il 12 dicembre 2019 – info: sulla programmazione del Teatro Diego Fabbri http://www.accademiaperduta.it/teatro_diego_fabbri_forli-856.html, sull’attività di Daniela Piccari https://www.facebook.com/daniela.piccari.7
Visita guidata Il Mercato coperto di “Piazza delle erbe”, vista il 14 dicembre 2019 – info: sul programma di visite guidate 349 3737026, sull’attività di Laura Della Godenza https://www.facebook.com/Laura-Della-Godenza-guida-turistica-e-museale-469381316519878/