Siamo grati al Biografilm festival per averci fatto scoprire, anni fa, Patricio Guzmán, un grande maestro del cinema documentario. Il regista torna al festival, che prende il via ufficialmente il 7 giugno, per l’anteprima italiana de La cordillera de los suenos, il suo ultimo documentario con cui conclude la trilogia sul Cile (iniziata con Nostalgia de la luz e proseguita con El boton de nacar), presentato poche settimane fa al Festival di Cannes e dedicato a quella che lui stesso ha definito l’immensa colonna vertebrale che rivela la storia passata e presente del Cile. Per l’occasione, Biografilm lo omaggerà con la consegna del Celebration of lives, un riconoscimento che premia il genio artistico e civile di un grande maestro del cinema e di vita. Il premio gli verrà consegnato il 15 giugno, prima della proiezione del nuovo film.
Per chi non conosce questo autore, l’occasione offerta dal Festival è imperdibile. Verranno infatti proiettati tutti gli episodi della trilogia.
Patricio Guzmán così si racconta all’inizio di Nostalgia de la luz: sono nato in Cile, nella provincia più estrema del mondo, un luogo in cui nulla di rilevante sembrava potesse accadere. All’improvviso quel paese, con la rivoluzione guidata da Allende, si trovò al centro della scena, fu il simbolo di una possibilità pacifica di cambiamento. Questa rivoluzione, con il suo tragico epilogo (lui stesso fu imprigionato dal regime di Pinochet), costituisce il centro ispiratore della sua opera. I disastri della dittatura militare sono l’ultimo episodio di una storia, quella cilena, intessuta di crimini politici e sociali, a partire da quelli perpetrati dai conquistatori spagnoli verso gli indigeni. Di fronte ad un paese proiettato in avanti, verso il futuro, sempre più immemore del suo passato, il cinema di Guzmán (come di altri registi della generazione successiva, si pensi a Pablo Larrain) riflette sul tema della memoria. “Coloro che hanno memoria sono capaci di vivere nel fragile tempo presente; coloro che non ne hanno, non vivono da nessuna parte”.
Nostalgià del la luz è il primo episodio della trilogia. Il punto di partenza è sempre rappresentato da un luogo geografico ben preciso del Cile: qui è il deserto di Atacama, nel nord del paese (in En boton de Nacar è invece la Patagonia, mentre nell’ultimo episodio è la cordigliera delle Ande). La voce fuori campo di Guzmán ci racconta la storia di uomini che, anche se mossi da esigenze e domande diverse, sono accomunati da una ricerca delle tracce lasciate dal passato.
Vi sono in primo luogo gli astronomi, alla ricerca delle origini dell’universo. Il deserto di Atacama è il luogo meno umido del pianeta. Qui il cielo è trasparente. Per questo è diventato il luogo privilegiato per la perlustrazione dello spazio e vi sorgono gli osservatori astronomici più potenti del pianeta. Ma cosa sono le stelle se non i riflessi di luce provenienti da un passato ancestrale? E non sono forse gli astronomi gli archeologi del cosmo?
In quello stesso deserto vediamo all’opera anche altri archeologi, che cercano nelle rocce le tracce lasciate dai nostri lontani antenati, attraverso la pittura rupestre e i resti dei loro stessi corpi.
Qui, infine, si aggirano senza pace le donne in cerca dei miseri resti dei loro uomini (figli, mariti, fratelli), i desaparecidos assassinati durante gli anni della dittatura di Pinochet. In questo deserto, le baracche di un antico villaggio di minatori vennero utilizzate come carcere per i prigionieri politici. Nelle sue profondità furono seppelliti i corpi martoriati delle tante vittime. In seguito i militari, per non lasciare le prove dei lori eccidi, disseppellirono i corpi e li gettarono nell’oceano. Queste donne cercano le poche tracce rimaste dei loro cari, per restituire dignità alle loro esistenze e per consegnare il loro corpo alla morte.
Con grande forza suggestiva e poetica Guzmán intreccia storie che gettano un ponte tra il destino umano e quello cosmico. Uno dei ricercatori del centro astronomico osserva che il calcio presente nelle ossa è lo stesso di cui sono composte le stelle.
El boton de nacar è il secondo capitolo della trilogia sul passato, sulla memoria offuscata e sui crimini dei colonizzatori del nuovo mondo e, più recentemente, della dittatura di Pinochet. In questo film, premiato con l’Orso d’argento al Festival di Berlino, Guzmán realizza un’opera dove protagonista è l’acqua quale elemento primordiale, materia fondante della vita, racchiusa in una pietra di quarzo, e base del fiorire di tutte le grandi civiltà. L’acqua è protagonista nei paesaggi estremi del Cile ritratti da Guzmán. Luoghi che sono stati teatro continuo di violenza, dai nativi sterminati dai conquistadores europei, ai desaparecidos legati a pezzi di rotaie e gettati nell’oceano all’epoca della dittatura di Pinochet; acqua, quindi come luogo di vita e luogo di morte. Il bottone di perla di ieri, merce di scambio tra i conquistatori e i nativi, e di oggi, incastrato nelle rotaie arrugginite quale ultima ed insperata testimonianza della crudeltà di una dittatura. Un passato che il popolo cileno vuole inconsciamente dimenticare, ma che Guzmán ci riporta alla memoria, con le sue immagini e la sua voce narrante, che si mescola alla voce dell’acqua.
di Dario Zanuso e Aldo Zoppo
Nostalgia de la luz, di Patricio Guzmán, Cile/Francia/Germania, Spagna, USA 2010
(il 7 giugno al Cinema Orione, ore 19; il 12 giugno al Cinema Arlecchino, ore 18,30)
El boton de nacar, di Patricio Guzmán, Cile/Francia/Spagna 2015
(il 9 giugno al Cinema Orione, ore 18; il 13 giugno alla sala Scorsese del Lumière, ore 16,30)
La cordillera de los suenos, di Patricio Guzmán, Cile/Francia 2019
(l’11 giugno alla sala Mastroianni del Cinema Lumiere, ore 10; il 13 giugno al Cinema Arlecchino, ore 19)