Si è appena conclusa la XVII edizione del Festival del Cinema di Porretta Terme – organizzato dall‘Associazione Porretta Cinema, che da sempre lavora per salvaguardare e promuovere il cinema d’autore e di qualità – che per più di dieci giorni ha reso protagonista la piccola cittadina termale dell’Appennino Bolognese con tanto cinema e tante storie provenienti da tutto il mondo. Tanti anche i giovani e gli ospiti intervenuti alla kermesse.
La novità è Festival Diffuso, il Festival del Cinema di Porretta abbraccia l’Appennino coinvolgendo il territorio e portando il grande cinema nelle sale delle diverse località dell’Appennino. Gli eventi diffusi si chiuderanno il 15 dicembre con un appuntamento imperdibile al cinema La Pergola di Vidiciatico che riaprirà le porte solamente per una proiezione, la versione restaurata digitale di “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci, un omaggio al maestro appena scomparso.
Quest’anno il Festival del Cinema ha consegnato il Premio alla carriera al regista Daniele Luchetti, protagonista del percorso monografico di quest’edizione che ha visto la proiezione di 7 dei suoi film più celebri.
Per l’occasione ci troviamo a Porretta, abbiamo atteso il suo arrivo in sala e nell’imminenza dell’ufficialità della premiazione ci racconta anche del suo ultimo film.
Qui a Porretta presenti una retrospettiva di 7 film, cosa ne pensi?
«La retrospettiva sembra sempre un bilancio finale invece a me sembra come quando ti chiedono di consegnare il compito in classe prima che tu abbia finito, ovvero, io adesso gliel’ho fatta fare la retrospettiva, ma non ho finito»
Hai rivisto i tuoi film?
«No, non ho avuto il coraggio di rivederli, cerco sempre di non rivederli, almeno programmaticamente, qualche volta capita di vederli in televisione quando passo da un canale all’altro, oppure inizio a guardarli da lontano mentre faccio dell’altro, poi mi avvicino e mi siedo a guardarli sino alla fine, ma di andare al cinema non me la sento».
Nel corso della tua carriera hai girato anche molta pubblicità, ti sei destreggiato su diversi fronti comunicativi.
«Si, la pubblicità per almeno una decina d’anni è stata un’attività molto intensa dove ho potuto sperimentare e fare incontri importanti e soprattutto capire anche l’importanza di potersi allenare tutti i giorni. Molti registi non lavorano tutti i giorni, invece in quel caso la pubblicità mi permetteva di fare più cose, più spesso e così anche di perfezionare alcune tecniche, certe volte, un po’ a spese dei clienti».
Qual è l’Italia che ti ha interessato raccontare e che ti preme far conoscere?
«l’Italia dei problemi, l’Italia complicata, con le doppie interpretazioni, l’Italia che è buona e cattiva allo stesso tempo, di gente che fa politica o che vive nel sociale, che vive nel paese reale fatto di contraddizioni e soprattutto l’Italia delle persone. Ho fatto sempre film con dei personaggi che ho amato anche quando erano molto distanti da me».
Tu sai raccontare bene e stai raccontando bene la realtà italiana, soprattutto in quegli aspetti più particolari come questo paese che nel tuo ultimo film definisci “che sta cambiando lentamente ma che non vede i suoi difetti“.
«Eh si, è un paese che comunque abbiamo sempre voluto raccontare con i toni della commedia o della farsa ed è sempre stato attendibile come racconto – sorride e aggiunge – questo dovrebbe dirci qualcosa».
Il tuo ultimo film è “Io sono tempesta” – con attore protagonista Marco Giallini – racconta l’Italia di oggi, dei nostri tempi e l’Italia del malaffare ma in fondo che tu ami. L’Italia che cambia con fatica.
«E’ un film in cui Marco Giallini rappresenta quello che un tempo era il nemico sociale, era l’uomo da combattere invece qua ci troviamo davanti ad un uomo ricchissimo che riesce a farsi amici gli ultimi della terra, i barboni, i poveri e li coinvolge in una grande truffa e questo secondo me in qualche maniera è anche il cambiamento, il nemico sociale oggi è diventato l’amico social». – prosegue – «Ci racconta come l’atteggiamento nei confronti degli uomini di successo e di potere sia completamente cambiato, non sono più nemici sociali o nemici di classe, anzi, sono gli amici social, sono quelli che anche se sono distantissimi da noi, ossia quelli che un tempo potevano essere i nostri nemici, oggi riescono a diventare vicini anche con le classi sociali più basse».
Una boccata d’aria fresca qui a Porretta visto che siamo in inverno, che cosa ti fa dire sul cinema italiano “eterno convalescente”?
«Conservo gelosamente una rivista degli anni ’50 dove si rivolge la stessa domanda a Fellini che presenta “Lo sceicco bianco” a Venezia: “il cinema italiano è davvero agonizzante?“. E’ un malato che si dichiara morente ma continua a cambiare faccia. Nel senso che più che sopravvivere cambia continuamente volto».
Nell’Italia di oggi con una politica che va su e giù come l’ottovolante si può fare cinema? Si può continuare a fare cinema?
«Si deve continuare a fare cinema e possibilmente si deve farne di più, è un paese che si sta trasformando e se non troviamo oggi gli strumenti per raccontarlo, se non lo raccontiamo oggi che è così diverso da venti anni fa perdiamo un’occasione enorme».
Nei tuoi programmi c’è anche la regia televisiva?
«Più che regia televisiva mi piacerebbe fare delle narrazioni lunghe come quelle che vedo da spettatore che mi piacciono molto ma non ho ancora trovato un’idea che mi appassioni e spero prima o poi di cimentarmi anche in questo genere che non è più una narrazione lunga alla quale è stato sottratto il cinema ma è una narrazione molto lunga alla quale è stato aggiunto l’elemento cinematografico».
Adesso stai pensando al reload di “Anni felici“, un film a cui tieni molto.
«Si, il festival mi ha consentito di ipotizzare una ricostruzione di una copia originale del film, di come era stato pensato all’inizio, più lungo di circa mezz’ora, e trovo che sia una cosa bella che i festival facciano la storia non solo di quello che è stato fatto ma anche di quello che, come in questo caso, non è stato fatto».
Differenze e similitudini tra Roma e Porretta?
«La cosa bella di Porretta è che qui, in questa enclave di persone appassionate di cinema, nonostante il freddo escano di casa e vengano a vedersi i film e tutto ciò aiuta a svolgere questo lavoro con un pochino più di fiducia».
Gli amministratori locali si sono incontrati per parlare di Cinema Diffuso. Il cinema è un elemento culturale che può riunire la gente e farla ritrovare insieme.
«Non conosco la situazione precisa di questa zona ma ho visto che tutte le località dove sono state riaperte le sale dei centri storici il centro si è ravvivato. Sembra un’inezia invece è una cosa enorme. Un cinema aperto con uno spettacolo alle otto ed uno alle dieci di sera è qualcosa che aumenta la circolazione della gente e fa vivere gli esercizi commerciali fino a tardi e soprattutto fa socializzare all’interno della città e non dove ci sono i centri commerciali o i multiplex ed è molto importante che chi può sostenga questo genere di attività».
Per concludere, cosa ne pensi di Netflix?
«Mi piace, anche perché sono uno spettatore di Netflix, oltretutto, due anni fa, ho girato una serie televisiva per Netflix Argentina e cedo che sia un’opportunità in più per il cinema, però la sala è un’altra cosa, è il posto che può aiutare a migliorare una città. I film li vediamo come prima, forse anche più di prima anche grazie alle piattaforme. Quello che dispiace è che si spengano le luci nella città».