Un sabato sera con Gianluca Grignani

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Gianluca Grignani

Quando ero piccola, mio padre aveva una collezione incredibile di cassette che facevano da colonna sonora immancabile dei nostri viaggi di famiglia in macchina. Una delle nostre preferite era quella con le canzoni di Grignani. “Falco a metà“, “La mia storia fra le dita“, “Una donna così“, “Destinazione Paradiso“, ovviamente, e tutte le altre ci accompagnavano nelle lunghe trasferte, ma anche in quelle brevi verso il mare a bordo della nostra vecchia Panda. Io sono cresciuta così, anche quando ormai c’erano i CD, che la vecchia Panda non supportava. Dai CD si è poi passati alle playlist digitali, ma la sostanza, il contenuto è sempre rimasto lo stesso: accanto alle novità non sono mai mancate le vecchie passioni.

Non so se posso definirmi una fan di Gianluca Grignani, semplicemente ci sono cresciuta: le sue canzoni fanno parte della mia infanzia, sono collegate a ricordi e bei momenti di famiglia, perciò forse ciò che mi lega ai suoi testi – che comunque ho sempre amato – è un profondo sentimento di affetto. È perciò un’emozione vederlo a così poca distanza, sul palco della sala di Cosascuola di Forlì sabato scorso, che parla della sua musica.

La prima cosa che racconta è che la sua prima canzone, “Fabbrica di plastica” è nata per puro caso, quando ancora strimpellava appena due accordi. “Mi veniva bene la sequenza dell’armonia più che delle note. Riuscivo a trasformare quel che sentivo in armonia”. Poi è arrivata Destinazione Paradiso: una canzone scritta a tavolino per ottenere successo, e senza dubbio ci è riuscito, ma non per questo meno bella.

Successo che forse non sarebbe stato così formidabile se non fosse stato sostenuto da una voce importante come quella di Lucio Dalla. “Lui ha creduto in me, era l’unico che mi diceva la verità. Era un visionario, io gli devo molto. L’unico che ha riconosciuto l’artista che sono”.

Nonostante il successo “non bisogna essere presuntuosi e pensare di essere bravi. La presunzione artistica nasce dalla paura di non riuscire ad arrivare. Tuttavia, questo non significa che a volte non si debba saper essere molto sicuri e determinati nel prendere delle decisioni.” Determinata deve essere senza dubbio la dedizione con la quale ci si avvicina al mondo della musica: è l’unico modo per riuscire ad ottenere ciò che si desidera davvero, vale a dire esprimere ciò che si ha dentro.

Ma quando si scrive una canzone, da cosa bisogna partire: dalla melodia, dall’armonia o dal testo?, chiede qualcuno. “In realtà si parte da una sensazione che poi puoi girare in mille modi. Nei miei testi c’è molto di me perché è facile essere sinceri. Però non scrivo solo di me, a volte scrivo storie di altri”.

Accanto alla carriera di musicista, Grignani racconta di aver intrapreso anche quella di produttore, avvicinandosi in particolare alla musica elettronica: “Cerco qualcuno di bravo”, dice ridendo, a cui dare la possibilità di costruirsi una propria immagine, un proprio brand e sentirsi così libero.

Sulla scia del tema della libertà non può mancare la riflessione, ormai più che odierna, sul web, internet e i social. “Non si può fermare il tempo e internet non fa schifo. Finalmente si può passare attraverso altri canali e crearsi una piattaforma, una propria icona e da lì cominciare a suonare. Bisogna guardare verso il nuovo. Web, internet e social mi convincono perché c’è libertà. Il web – per quanto se ne dica – è ancora governato dalla ragione del popolo che decide. Oggi internet dà la possibilità di distruggere il monopolio che c’è in Italia per riuscire a creare qualcosa di nuovo”.

Per tutto questo tempo non ha mai lasciato la chitarra. L’ha sempre tenuta in braccio, quasi con tenerezza, con affetto. Di tanto in tanto la accarezzava, abbozzava qualche nota mentre parlava, intonava qualche frase di alcune delle sue canzoni più famose. Cosciente o non cosciente ha creato un’enorme attesa, l’attesa del momento in cui finalmente avrebbe cantato. Ed ecco che si ferma, smette di parlare e comincia a suonare, prima piano poi sempre più deciso, fino a intonare Fanny, dall’inizio alla fine. E a questo punto non ci sono più parole che reggano il confronto.