La mostra in corso a Palazzo Strozzi è un viaggio tra arte, politica e società nell’Italia tra gli anni Cinquanta e Settanta.
È la storia della nascita del senso di Nazione, attraverso ottanta opere di un gruppo di artisti che danno voce ad un periodo rivoluzionario in cui gli italiani cercavano a fatica la consapevolezza di sé: Guttuso, Fontana, Burri, Manzoni, Schifano, Pistoletto e altri.
Un itinerario che va dall’Arte Informale alla Pop Art, passando per la pittura monocroma e i nuovi linguaggi dell’Arte Povera e Concettuale.
Per il curatore Luca Massimo Barbero, oltre a ricordare il cinquantesimo anniversario del fermento culturale e sociale legato al Sessantotto, la mostra racconta le radici stesse del movimento e tutto quello che ha contribuito alla sua nascita.
Negli anni successivi al cupo periodo del fascismo e della guerra, gli artisti sperimentano la militanza e l’impegno sociale, reinventando i concetti di identità e appartenenza.
Com’è capitato anche a me, ad accogliervi potrebbe essere Mina che canta attraverso i quattro videoproiettori installati nella prima sala. Un loop di immagini che vanno dal cinema ai discorsi di Togliatti fino all’alluvione di Firenze, sono capaci di catapultarvi in pochi minuti nella tensione e nel fermento di quegli anni. In alto al centro, campeggia “La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio”, un omaggio a Renato Guttuso. A rappresentare il forte senso di energia e libertà c’è l’effige di Mussolini graffiata a forza, nel decollage di Mimmo Rotella “L’ultimo re dei re”.
La mostra continua raccontando i grandi momenti dell’astrazione italiana degli anni Cinquanta, con alcuni dei suoi maggiori rappresentanti, che all’epoca furono incompresi dalla maggior parte del pubblico.
Ci sono le opere spazialiste di Lucio Fontana percorse da buchi e tagli. Il metallo squarciato di “Concetto Spaziale, New York 10” è il suo modo di rappresentare i bagliori luminosi dei grattacieli, visti nel suo primo viaggio a New York nel 1961. I sacchi lacerati di Alberto Burri sono le immagini dell’uomo contemporaneo segnato dai drammi della guerra. Tutto si fa bianco, anche i tagli di Fontana, nella sala dedicata all’azzeramento, alla monocromia e all’utilizzo dei nuovi materiali. I giovani ricorrono al bianco per riscrivere una storia di libertà, poesia e fantasia attraverso l’arte. Scelgono la plastica, le bende, le tele cucite, il vinavil e il cibo. Per chi come me non l’ha mai vista dal vivo, c’è la “Merda d’artista” di Piero Manzoni.
La cosiddetta sala del ’68 racconta l’impegno politico con vitalità e ironia. C’è Schifano con la sua Pop Art e Franco Angeli che lancia provocazioni sui simboli ideologici e le manifestazioni di piazza.
Alla fine del percorso, dopo vent’anni di contestazioni e cambiamenti, l’Italia finisce appesa a testa in giù con l’installazione di Luciano Fabro “L’Italia”.
La mostra Nascita di una Nazione, è aperta fino al 22 luglio 2018, a Palazzo Strozzi a Firenze.
Tutti i giorni compresi i festivi, con orario 10.00-20.00 e tutti i giovedì fino alle 23.00.
Info: palazzostrozzi.org
VALENTINA SANGIORGI