Le rinascimentali stante di Palazzo Pallavicini a Bologna si preparano ad accogliere l’arte di Vivian Maier, dimenticata fotografa americana, raffinato cantore della vita quotidiana dell’America degli anni Cinquanta. Il suo lavoro è rimasto praticamente inedito fino al 2007, quando John Maloof, figlio di un rigattiere, acquista una scatola a un’asta nella quale, tra
effetti personali femminili di ogni genere, emergono le immagini della fotografa assieme a
centinaia di negativi e rullini, tutti ancora da sviluppare. Da sconosciuta ad artista di fama, il passo per Vivian sembra essere breve. La sua originalità si esprime nel grande talento che mostra nello scattare fotografie che catturano particolari e dettagli evocativi della quotidianità piuttosto che la visione d’insieme, raccontando così la strada, le persone, gli oggetti e i paesaggi. L’obiettivo della sua macchina fotografica intercetta con attenzione soggetti poco considerati all’epoca, rendendoli invece protagonisti del suo lavoro: la strada è il suo palcoscenico.
Come osserva Marvin Heiferman, storico della fotografia americano, “Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata. Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi”. A cura di Anne Morin, la mostra presenta più di 120 fotografie in bianco e nero, di cui 10 in grande formato, 90 di formato medio più una meravigliosa sezione di 20 foto a colori relativa alla produzione degli anni Settanta dell’artista.
Dal 3 marzo al 27 maggio 2018
Palazzo Pallavicini, Via San Felice 24, Bologna
Info: palazzopallavicini.com
Vivian Maier: uno sguardo rispettoso sul mondo.
L’opera e la condotta di Vivian Maier provano l’esistenza di un valore assoluto che non dipende dal riconoscimento sociale o dall’esposizione mediatica. I suoi self-portrait, introspettivi, non erano selfie bisognosi di like. La fotografia raffinata di Vivian Maier è testimonianza di un rapporto profondo con il mondo che può esistere anche da lontano e all’insaputa del mondo. L’attestazione della professionalità dell’Artista, in una cornice altrettanto severa e dignitosa lascia lo spettatore fiero di aver in qualche modo preso parte ad uno schiaffo dato all’odierna stupidità.
Serena Nascimben
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