“Il Servo” di Maugham al Teatro Alighieri di Ravenna con un grande cast

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Al Teatro Alighieri di Ravenna arriva dal 31 gennaio all’1 febbraio lo spettacolo di Andrea Renzi e Pierpaolo Sepe che fu già il film capolavoro (grazie anche alla sceneggiatura di Harold Pinter) di Joseph Losey. Il servo è un romanzo breve di Robin Maugham, che quando nel 1948 fu dato alle stampe e distribuito nelle librerie inglesi fu considerato “un piccolo capolavoro di abiezione”, mentre la critica aveva riconosciuto al giovane scrittore un talento di narratore pari a quello dello zio, il grande Somerset Maugham.

Nel cast Lino Musella (candidato nel 2017 al Premio Ubu come Miglior Attore), Andrea Renzi, Emilia Scarpati Fanetti, Tony Laudadio e Maria Laila Fernandez. Il 1 febbraio incontro con la Compagnia a cura di Lorenzo Pavolini, traduttore delle versioni teatrali del testo e anche del romanzo di Maugham.

Al centro del racconto che vedremo in scena, la vicenda di un rapporto di dominazione e assuefazione di un uomo su un altro uomo: Barrett è un domestico che prende servizio nella casa di Tony, ricco avvocato londinese. Inizialmente, “il servo” sembra assolvere con zelo il proprio incarico, ma attraverso ambigui giochi psicologici si arriverà al rovesciamento dei ruoli “servo\padrone”. Nel gioco perverso entrano in campo anche l’amico- testimone della vicenda, Richard, la fidanzata di Tony, Sally, la nipote di Barrett, Vera e la misteriosa Mabel

Il lavoro di Andrea Renzi e Pierpaolo Sepe parte dall’adattamento teatrale che lo stesso Maugham realizzò nel 1958 e evoca le atmosfere del celebre film di Joseph Losey del 1963 con la sceneggiatura di Harold Pinter. La traduzione di Lorenzo Pavolini (che aveva già tradotto il romanzo, nel 2000, per e\o) intreccia le due versioni del testo, concentrandosi essenzialmente sulla scrittura del romanzo che, rispetto al testo teatrale, «è decisamente più scarna e minima, concentrata nel raccontare un preciso costume sociale», come evidenzia lo stesso Pavolini nelle note alla traduzione. Infatti nel racconto c’è l’amicizia e la gioventù in tutta la sua ambigua e irrinunciabile forza, la malinconia e la vitalità di una generazione che usciva dalla guerra, il legame creato tra uomini che sono stati prima di tutto compagni di trincea, soldati, «e che ora tornano alla vita, alla città, al sesso, ai problemucci di sempre (…) il tutto in un mondo sospeso tra ieri e oggi, alla metà del secolo, dove i domestici sono servi e alla fidanzata si fa la dichiarazione, dove la Londra vittoriana non si è ancora sciolta nello swinging, le prostitute hanno la pelle rovinata e sono il male, l’omosessualità è fosteriana e la sensualità una perdizione». Barrett è un demonio che cresce dal fango della democrazia ed è pronto a prendere il sopravvento contro l’aristocratico cadente, o per lo meno a guidarlo, a costringerlo a una sommaria equiparazione dei costumi e dei gusti verso il basso. Il servo del Novecento è un medico al capezzale delle antiche classi dominanti, siano esse nobili o ricche borghesi. Il suo rimedio è velenoso: come per tante patologie di origine sociale l’oblio, la rimozione, sono parte integrante del disturbo e conducono al disastro.
Per Andrea Renzi «il lavoro degli attori si innesta e sulla drammaturgia scaturita dal romanzo breve di Maugham che tende a far emergere ciò che si nasconde e pulsa, vitale e morboso, dietro ogni parola facendo vibrare il fondo enigmatico dei singoli personaggi».
Per Pierpaolo Sepe invece «tutto è iniziato dalla pièce teatrale. Le pieghe psicologiche dei personaggi, o meglio, la ragnatela intessuta dalla scrittura di Maugham che ha ritratto “quei personaggi così caratterizzati”. Nella pièce emerge intatta la loro ambiguità sottile e necessaria allo sviluppo più segreto del meccanismo teatrale all’interno del quale il servo striscia. Si arrampica. Come un ragno tesse la sua tela dove fatalmente cadrà la sua vittima». Ogni mezzo è legittimo: il sesso, il cibo, l’alcol, l’abiezione. Una storia tetra di lotta sociale feroce. Non ci saranno vincitori ma solo corpi affamati di qualsiasi piacere e menti sopraffatte dal silenzio delle proprie esistenze. Metafora di una società che inventa ruoli e classi, il testo racconta la vendetta dei deboli e perfidi “sfortunati”, costretti a servire altri uomini uguali a loro in tutto e, nonostante ciò, depositari di un folle diritto al quale non si può che opporre tutta la minacciosa rabbia dei servi.

Dal 31 gennaio all’1 febbraio, Teatro Alighieri, Via Angelo Mariani, 2, Ravenna RA, info: www.teatroalighieri.org