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«Individui o gruppi, in ogni caso siamo fatti di linee»: vien da pensare al Deleuze de L’Abécédaire assistendo alla nuova creazione di Anna Marocco, antropologa, danzatrice e coreografa di base a Bologna con una proteiforme formazione internazionale che ha intrecciato, fra gli altri, i mondi poetici di David Zambiano e Peter Jasko, Benoit Lachambre e Meg Stuart, Simona Bertozzi e Lucia Palladino, Steve Paxton e Lisa Nelson, Xavier Le Roy e gruppo nanou.
È forse legittimo inscrivere FUCSIA: do I matter to you? in una traiettoria che, originatasi oltre cento anni or sono, fa della dialettica “corpo naturale vs corpo artificiale” uno dei propri topoi: un dispositivo (anti)spettacolare segnato da un asciutto meccanomorfismo applicato tanto al corpo quanto alla scena, messa in forma dalle algide geometrie luminose di Giovanni Marocco.
È una corporalità attenta alle minime sfumature percettive, quella voluta da Anna Marocco, che rimanda al più accanito tecnofilo delle avanguardie italiane, quel Filippo Tommaso Martinetti per il quale ogni performer deve avere «una gesticolazione geometrica, dando così alle braccia delle rigidità taglienti di semafori e di raggi di fari… una gesticolazione disegnante e topografica che sinteticamente crei nell’aria dei cubi, dei coni, delle spirali, delle ellissi».
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I danzatori Francesco Dalmasso, Elisa D’Amico, Lucia Guarino, Leonardo Maietto e Lucia Mazzoleni trascendono il dato meramente biologico sporgendosi verso una qualità “robotica” resa evidente, tra l’altro, da colorazioni metallizzate che i cinque applicano al proprio corpo: una sorta di esoscheletro sintetico, con apparenza futuribile, assecondante una logica che proietta (nell’intento, più che nella forma) alle cyber-performance di Mariko Mori. Et ultra: queste creature, post-human e androidesche, paiono uscire da una fotografia di Vanessa Beecroft. Come nel caso delle fotografie della celebrata artista genovese, infatti, anche nello spettacolo di Anna Marocco il corpo è più apparentabile ad atti di comportamento (di qualità/densità dello stare, si potrebbe dire) che a costrutti coreografici comunemente riferibili all’area semantica “danza”.
Sui volti dei protagonisti traspare un’ombra di inquietudine, a mitigare la quale intervengono additivi artificiali e “raffreddanti” (la carta stagnola che cade dall’alto, i suoni sintetici di Francesco Brasini, ecc).
Sono creature che certo non cedono al mito dell’omogeneità: corpi felicemente altri e indefinibili, ad incarnare il tema “gender” del Bando della Tenuta dello Scompiglio di Capannoni (in provincia di Lucca) al quale va riconosciuto il merito principale della nascita di questa produzione.
Un sostegno concreto (circa un mese di prove pagate, un luogo in cui allestire lo spettacolo e debuttare, a fine novembre 2016) senza il quale, probabilmente, questa complessa proposizione performativa non avrebbe potuto veder la luce.
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Anna Marocco ha creato FUCSIA: do I matter to you? nutrendolo delle letture di Agamben e della Arendt, di Bateson e della Irigaray (fra gli altri), degli incontri con il Laboratorio Smascheramenti di Bologna, raggruppamento «di matrice transfemminista e queer nato in seno all’esperienza di autogestione di Atlantide» e di alcuni periodi di residenza solitaria (allo spazio di Prato e al TPO di Bologna) durante i quali ha preparato sequenze coreografiche da “passare” successivamente agli interpreti.
In sintesi (e in chiusura di queste poche righe) vale forse ritornare a un frammento de L’Abécédaire di Gilles Deleuze: «Creare non è comunicare, ma resistere. C’è un profondo legame tra i segni, l’evento, la vita, il vitalismo. È la potenza di una vita non-organica, quella che può esservi in una linea di disegno, di scrittura o di musica. Non c’è opera che non indichi alla vita una via d’uscita, che non tracci una strada percorribile».
Buona fortuna.
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MICHELE PASCARELLA
Visto alle Officine Caos di Torino il 24 febbraio 2017 – info: cargocollettive.com/annamarocco, stalkerteatro.net
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