I Ruts D.C. al Covo Club per il Capodanno 2016

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RUTS DC: from left - David Ruffy, (drums), John (Segs) Jennings (bass / lead vocal), and Leigh Heggarty, (guitar). This image is licensed for press and promo use in connection with album reviews, interviews and other editorial reproduction. Commercial use strictly by negotiation. © 2016 Graham Trott

RUTS DC: from left - David Ruffy, (drums), John (Segs) Jennings (bass / lead vocal), and Leigh Heggarty, (guitar). This image is licensed for press and promo use in connection with album reviews, interviews and other editorial reproduction. Commercial use strictly by negotiation. © 2016 Graham Trott

Formatisi nella Londra eccitante e multietnica del 1977, ma arrivati all’esordio discografico solo due anni dopo, i Ruts – protagonisti della seconda ondata del punk inglese – radicalizzarono la fusione tra frustate melodiche e ritmiche sincopate in chiave reggae nello stesso periodo sviluppata dai Police per differenziarsi dal fenomeno degli skinhead di estrema destra allora dilagante. Le loro canzoni, paradigmi di una passione musicale e politica dove il furore a 45 giri di Clash e Stiff Little Fingers incontrava le cadenze ondeggianti di Jimmy Cliff, o gli effetti dub del produttore King Tubby, finirono per diventare altrettante colonne della stagione post-punk, immortalata con strepitosa ispirazione nel primo, febbricitante The Crack (1979), l’album di classici quali Jah War, Something That I Said e persino di una Babylon’s Burning sorprendentemente finita nella Top 10 britannica. Dopo la morte del cantante Malcolm Owen, ritrovato cadavere nel bagno della casa dei genitori (a causa di un’overdose di eroina), e la pubblicazione dell’antologico Grin & Bear It (1980), contenente il loro brano forse più rappresentativo (ossia il frullato tra punk e ska della magnifica Staring At The Rude Boys), i membri superstiti del gruppo – il bassista John “Segs” Jennings, il chitarrista Paul Fox, il batterista Dave Ruffy e il sassofonista Gary Barnacle – ricominciarono come Ruts D.C., cioè “Ruts Da Capo”, e sonorità ancor più orientate al dub. Per ventisette anni, interrotti solo, di tanto in tanto, dall’apparizione di qualche canzone inedita e da sporadici ripescaggi, l’attività della band rimase circoscritta, finché nel 2007 la necessità di radunare fondi per accompagnare Fox nella sua lotta contro il cancro ai polmoni non convinse Henry Rollins a prendere in mano il microfono per sostituire Owen, inaugurando così una collaborazione proseguita anche nel nuovo Music Must Destroy! (2016), recente testimonianza dell’ispirazione ancora intatta di Ruffy e Jennings.

 

Lo storico Covo Club di Bologna ha scelto di festeggiare la notte di Capodanno e la propria, ultratrentennale attività nel campo della musica dal vivo organizzando in autonomia, senza ricorrere alle agenzie, un unico e imperdibile concerto italiano dei Ruts D.C.. Gli altri ospiti di quella che si annuncia come una serata da non mancare verranno annunciati a breve. Il costo dei biglietti in prevendita, acquistabili esclusivamente presso la sede del Covo Club o al Jukebox Cafè di Via Mentana, 3/b (nella zona universitaria del capoluogo emiliano), è di 15 €, o di 20 € la sera dell’evento.

 

 

31 dicembre, Covo Club, Viale Zagabria, 1, Bologna, 22:00, info: 051/505801, www.covoclub.it