Copertina nera, nome e titolo in carattere verde dos in calce – il tutto ricorda un po’ Fear of Music (1979) dei Talking Heads, per come si presenta. È Skeleton Tree, il nuovo disco difficilissimo da affrontare di Nick Cave & The Bad Seeds: senza scadere nel gossip, come immaginiamo faranno in molti dei giornali che ne parleranno, la morte del figlio quindicenne ha senz’altro avuto un effetto pesantissimo sulla vita e sulla musica dell’artista australiano. Il contrappasso per gli eccessi del passato quale Cattivo Maestro come una specie di nemesi sul Cave-padre-di-famiglia? Forse, chissà, può essere ma anche no – non sta a noi giudicare.
L’album, peraltro, è stato concepito a cavallo della tragedia, con ovvio lungo break nel 2015. I Bad Seeds attuali guidati dal leader e da Warren Ellis, che oltre a suonare di tutto è anche assurto a produttore accanto a Cave stesso e all’oramai storico Nick Launay, sono Martyn P. Casey, Thomas Wydler, Jim Sclavunos e George Vjestica – e senz’altro balza subito all’occhio l’assenza di Barry Adamson, che con Push The Sky Away (2013), disco e tour, sembrava rientrato nei ranghi in pianta stabile mentre qui non ve ne è traccia. Oltre a tutti loro, bisogna aggiungere una piccola sezione archi di tre elementi e l’inattesa partecipazione di Else Torp, soprano danese, già elemento del Theatre of Voices diretto dal maestro Paul Hillier. Altra cosa che va sottolineata: le registrazioni sono state auto-sovvenzionate, cosa che vorrà dire tante cose ma che noi interpretiamo principalmente come la volontà di tener discosta qualsiasi interferenza esterna.
Il primo brano, Jesus Alone, che già circola in rete da alcuni giorni, è un po’ il manifesto di Skeleton Tree. Il dolore lo senti in ogni nota e in ogni parola, però nel complesso lascia un senso di disorientamento palpabile che da quel «You fell from the sky…» iniziale poi accompagna in un cammino il quale ha un testo che, non sembri stravagante, ci pare una parafrasi occulta e senz’altro involontaria del Warren Zevon di Lawyers, Guns and Money per come si dipana fra luoghi/personaggi incerti – nonché giocato su una musica disturbante che rimanda ai Wall Of Voodoo di Stan Ridgway, almeno per quegli striscianti effetti elettronici distorti che lo contrappuntano.
Come minimo un paio di episodi sono difficili da inquadrare, lontani da quanto offerto dai Bad Seeds finora. Il primo è certamente Rings Of Saturn, un quasi talkin’ rivestito di una arrangiamento di freddo sintetizzatore per un risultato molto straniante. Anche Distant Sky, con ospite la Torp, è sicuramente distante dai canoni di Cave, che di duetti con controparti femminili ne ha fatti diversi (Lydia Lunch, Kylie Minogue, Kate & Anna McGarrigle, PJ Harvey, Anita Lane, Inbal Perlmuter) ma con costei si addentra in una musica cameristica molto cupa, glaciale, quasi a-emozionale come certe cose di Björk.
Spiragli di luce pari a zero, questo disco è un tunnel dove il blues cerca una formalità imperturbabile, come un intimissimo gospel per la propria anima: vedi I Need You, forse il momento più emozionante di questi quaranta minuti di dolore – oppure Magneto, con quel «One more time with feeling» strascicato, cantilena sofferta di chi ha la fatica in gola – oppure ancora la canzone guida, che è una Push The Sky Away persino più celata nel buio, spettrale e con la sensualità dei Bad Seeds tenuta a larghissima distanza, perché qui si piange qualcosa di intangibile che resterà per sempre faticoso da eludere nel percorso artistico di Nick Cave.
CICO CASARTELLI
NICK CAVE & THE BAD SEEDS – Skeleton Tree (Bad Seed Ltd)