Mirco Mariani te lo trovi davanti, con quell’aria a metà fra Allen Ginsberg e Mark Oliver Everett aka E degli Eels, e capisci subito che è un tipo speciale. Inizi a conversarci e in nel giro di due minuti intendi anche che è persona di simpatia e di acutezza contagiose – così come contagiosa è la sua musica che proprio quest’anno compie vent’anni di carriera discografica, iniziata con i Mazapegul e passata attraverso un po’ di tutto fra Vinicio Capossela, Daunbailò e naturalmente Saluti da Saturno. Adesso tocca agli eXtraLiscio, disco e concerti che uniscono le sue visioni musicali con la tradizione romagnola dell’Orchestra Casadei. Di tutto questo e di molto di più abbiano discorso con lui: ne è uscita un’intervista avvincente, colorata, brillante e tutta ritmo. Buona lettura.
Dai Mazapegul sono passati tanti anni: hai suonato molto con Vinicio Capossela e fatto altro ma prima di tornare a fare cose “tue” con i Saluti da Saturno ci è voluto del tempo, a parte la parentesi con i Daunbailò. Come mai? E sopratutto è dal 2010 che non ti fermi un attimo: ogni anno o quasi un disco nuovo…
Effettivamente negli ultimi anni ho puntato molto sulla quantità, visto che la qualità è soggettiva e a volte non premia la grande fatica che si fa: la quantità è uguale per tutti. Scherzi a parte, mi reputo molto pignolo e attento alla ricerca sonora e proprio grazie alla nascita del LABOTRON, il mio laboratorio a Bologna, in questi anni è partita un’appassionata ricerca sul suono che sottende a tutti i lavori che ho fatto, miei e di altri. Una ricerca nata ai tempi dei Mazapegul, quando ho raccolto i primi strumenti che ora vivono all’interno del LABOTRON.
La tua musica, presa in blocco, è un caleidoscopio molto interessante e che non pare avere steccati: vi sento Adriano Celentano come gli Eels, il liscio come Tom Waits e Marc Ribot, Paolo Conte come Arto Lindsay, Randy Newman come i certe cose dei Giant Sand, cantautori nostrani del passato anche remoto, vedi Umberto Bindi, Sergio Endrigo e Gino Paoli, come il jazz di Dave Brubeck. Insomma, mi pare proprio che la tua musica non escluda bensì assimili…
A questa domanda risponderei con una affermazione di Duke Ellington: «La musica non si può sacrificare e dividere in generi ma in quella bella e in quella brutta». Io amo la musica sincera non vittima delle mode del momento e capace di mantenere una buona dose di imprevedibilità e improvvisazione che oggi penso di riuscire a riportare nei concerti ma che mi sforzerò di far vivere anche nei prossimi dischi. Il mio obiettivo è far coesistere la poetica e le radici di Secondo Casadei e Sergio Endrigo insieme alla dodecafonia di Arnold Schönberg e al punk più selvaggio.
Trovo veramente contagioso il tono giocherellone con cui fai musica: riesci a cantare cose anche tristissime con una leggerezza non comune. Si tratta di metodo, di spontaneismo o di un buon cocktail dei due?
Mi piace giocare con i contrasti, una cosa che spesso dico ai miei musicisti è: più il brano è veloce e nervoso, più bisogna essere leggeri a suonarlo. Nella scrittura parto da influenze di cantautorato anni Sessanta che prima citavi, mi piace molto la melodia pura ma credo che senza qualcosa di straniante, oggi non avrebbe senso – è già stata fatta e meglio di come posso farla io. Il mio gioco è spesso quello di cambiare le carte e in questo hanno un ruolo importante gli strumenti che uso.
Se ti dico che ascoltando i tuoi album sento che tutto è pervaso da una nostalgia cosmica, cosa mi dici? E per nostalgia non intendo déja vu né che sei un passatista, anzi: lo intendo proprio come tua personale elaborazione poetica…
Mi sento più vicino al romantico che al nostalgico, ma in effetti mi piace molto guardare indietro. Una volta Billy Higgins (jazzista americano morto nel 2001, NdR) mi vide suonare la batteria, ero molto giovane e smanioso di fare cose strane per stupire. Mi disse: «Vuoi suonare moderno? Allora guardati indietro». Così ho fatto – e trovo più moderno e geniale un brano come I vatussi rispetto a tanta musica preconfezionata e quantizzata che si sente oggi.
Parliamo della genesi degli eXtraLiscio. La chimica con Johnny Moreno il Biondo e Mauro Ferrara, specie dopo avervi visto dal vivo, mi pare tangibile. A parte il fatto che siete delle stesse zone, come ti è venuto in mente ti coinvolgerli in un progetto comune? Peraltro, nell’ultimo disco dei Saluti da Saturno qualche avvisaglia di Canzoni da ballo vi è già: fate Romagna mia e Ciao mare, accanto a diversi classici del cantautorato e altro…
Artefice di questo incontro è stata Riccarda Casadei, la figlia di Secondo Casadei, che mi ha presentato quel grande capo orchestra che è Jonny Moreno il Biondo e da subito entrambi abbiamo capito che stava succedendo qualcosa di importante. Da lì a poco, biondi e mori, ci siamo trovati dentro un vortice di energia musicale e umana incredibile. Non faccio fatica a dirti che è l’esperienza più importante della mia vita, anche perché, a proposito del discorso sui generi, ci siamo subito trovati catapultati in quello che per noi è Punk da Balera, qualcosa di nuovo scaturito dall’energia e dalla professionalità di musicisti come Mauro e Moreno insieme a sprazzi di follia che ci piace sempre di più condividere.
Se non ho capito male, tu hai studiato musica al conservatorio. Mi piacerebbe che mi spiegassi com’è cambiato o com’è evoluto il tuo rapporto con il liscio in un tutti questi anni. Non so, se penso ai Mazapegul, la musica che facevate era il contrario del local degli eXtraLiscio, semmai era molto world…
Sono diplomato in contrabbasso e al momento il contrabbasso è l’unico strumento che non ho. Con i Mazapegul ci definivamo “Orchestra spettacolo”, eravamo giovani e facilmente influenzabili dalle varie ondate e mode di quegli anni, soprattutto quella balcanica. Il liscio è stato per me il blocco di partenza della musica, la mia prima stagione come musicista professionista l’ho fatta a quindici anni al Green Garden di Cesenatico suonando, devo ammettere, contro voglia. Mi accompagnava il Maestro della banda del mio paese e durante il viaggio ascoltavamo il jazz. Era presto per me per scoprire la grandezza e lo spessore della musica folcloristica romagnola. Spero che eXtraLiscio non sia troppo local perché eXtraLiscio è una musica da esportazione!
Fra Saluti da Saturno ed eXtraLiscio hai inciso diverse cover. Rifare brani altrui è un bisogno, un divertimento o una palestra? Recentemente ho avuto modo di intervistare Hugo Race, uno che in tema cover non si è certo risparmiato, il quale ha affermato una cosa molto interessante: «Lavorare al materiale scritto da altri e presentarlo in modo tuo ha un fascinazione irresistibile – e questo principalmente è dovuto al fatto che l’ascoltatore già si porta appresso dei nessi, cosa che ti permette di lavorare con concetti e generi in modo molto evocativo. Chiaramente io ho scritto e scrivo molti pezzi ma vi è molto più dei miei brani che voglio esplorare nella musica». Cosa ne pensi e trovi che il suo ragionamento possa calzare la tua idea di cover?
Il mio primo approccio con le cover è nato tramite una richiesta. Un festival di Anghiari, borgo toscano in provincia di Arezzo, mi ha commissionato un concerto con le dieci canzoni che hanno costruito la mia biografia musicale. Di lì è nato il disco Shaloma locomotiva, registrato di getto nel giro di pochi giorni, per fermare una esperienza divertente e diversa. In qualche maniera scegli un brano perché per te è un capolavoro e devi solo cercare di farlo ascoltare da un’altra prospettiva stando attento a non rovinarlo.
Qui lo dico e qui lo confermo: Alla fermata, il singolo trainante di Canzoni da ballo, è un pezzo brillante come se ne sentono pochi nella musica italiana di oggi, è poetico e “per tutti” allo stesso tempo, è orecchiabile ma non omologato. La curiosità è d’obbligo: cosa te lo ha ispirato, che genesi ha avuto?
Alla fermata è uno di quei brani lampo, che iniziano e finiscono da soli e portano con sé quella immediatezza e quella spontaneità che li differenzia da altri. Mi immaginavo alla fermata di treno, di bus o di navicella spaziale, in compagnia di personaggi sgangherati e surreali che non avevano niente a che fare uno con l’altro, ma costretti ad affrontare un viaggio insieme.
L’altra sera a cena, molto divertito, mi raccontavi delle simpatiche gelosie scatenatesi nel giro del liscio per aver coinvolto “quei due” e non altri negli eXtraLiscio. Senza far nomi, raccontaci qualcosa di questa “faida al liscio”…
eXtraLiscio è visto come una via di fuga, irriverente per alcuni ma salva vita per altri. Non mi aspettavo tanta diffusa apertura da molti protagonisti del liscio che hanno grande voglia di mettersi in gioco. È una delle tante cose che mi fa amare queste persone e questo progetto. Poiché il liscio, come molti altri generi, è ben definito e molto rigoroso nelle sue regole sembrava difficile andarci intorno spostando l’asse, anche con momenti free e noise. Questo è potuto accadere grazie alla lungimiranza di Riccarda Casadei e di Moreno il Biondo. Se i protagonisti di questa storia fossero stati altri, non ci sarebbe il crescendo positivo che stiamo vivendo ora.
Se non ho capito male, è già in progetto il seguito di Canzoni da ballo. Dacci qualche anticipazione…
Abbiamo già registrato eXtraLiscio vol. 2, che sigilla la decennale collaborazione di due grandi protagonisti del progetto, Jonny Moreno e Fiorenzo Tassinari, il più grande sassofonista che la musica folcloristica romagnola abbia avuto. Un disco strumentale di soli valzer, mazurche e polche, con incursioni folli di natura asimmetrica – per il momento non so bene cosa potrà succedere, lo scopriremo tra qualche mese.
Il concerto che ho visto l’altra sera, oltre che bello e sorprendente, l’ho trovato molto “spontaneista”, se mi passi il temine. A parte il mestiere e l’esperienza che senz’altro ti permettono di fare un po’ come vuoi, lasciare sempre aperta la porta al caso mi sembra che sia la carta vincente dello spettacolo. Addirittura, la sera seguente a Firenze, mi pare di aver letto che gli eXtraLiscio abbiano fatto un concerto senza di te…
Il punk da balera fa convivere mondi diversi e lontani, persone differenti per esperienze ed età, tutti pronti ad accelerare e mai frenare. La prima volta che mi sono inginocchiato con la chitarra distorta davanti a Mauro Ferrara che cantava Romagna mia, distruggendo ogni regola armonica, non mi sarei mai aspettato di vederlo piegato verso di me come un rocker. Proprio lì ho capito che quella era la sola strada da percorrere nonché che fossimo entrati nel tunnel della perdizione e del divertimento.
Quest’anno fanno vent’anni che lavori, sebbene on e off, con Vinicio Capossela. Cosa ti viene in mente se pensi a tutto questo tempo passato insieme? Se non erro, correggimi se sbaglio, sei il musicista che ha collaborato più a lungo con lui – per cui credo che una certa comunanza l’abbiate sviluppata…
C’è chi ha scritto che siamo due gemelli separati alla nascita. Di certo con Vinicio c’è un legame speciale e raro, ci intendiamo al volo e nella tournée di questa estate più di altre volte sono stato contento di poter far parte di un progetto che ho potuto seguire più nella veste di “Capo orchestra” che di batterista, con il compito di interfacciarmi con tutti i nuovi musicisti che partecipano a questa avventura. Per la prima volta insieme a me, sul palco di Vinicio, ci sono anche due dei miei amati mellotron.
Tocchiamo una nota dolente che credo valga per molti artisti. Quali sono i gradi di frustrazione e di disillusione che un musicista creativo e multiforme come te vive in un Paese come il nostro, spacciato come luogo d’arte ma che, nei fatti, più “bloccato” di così non si potrebbe. Nel tuo percorso artistico, per esempio, sei passato da una major con i Mazapegul alle autoproduzioni odierne…
Caro Cico, quest’ultima domanda a tradimento (sta scherzando, NdR), mi porta indietro di qualche anno quando, con i Saluti da Saturno, il mio manager Alessandro Cecca Ceccarelli ci ha fatto fare un bel giro per l’Europa toccando diversi paesi e città. Al rientro il mio stato d’animo era quello di prendermi un periodo di pausa con i concerti in Italia – e così è stato. All’estero ho respirato una curiosità verso la mia musica da parte del pubblico e dei gestori a cui non ero abituato e che mi ha un po’ spiazzato. Una notte ho fatto le quattro del mattino a parlare di mellotron e altre diavolerie di cui si nutre la mia musica con dei ragazzi con i quali non parlavamo neppure la stessa lingua, cosa che in Italia non mi è mai successa. So che questo discorso può apparire un po’ retorico, ma cosi per me è stato e così te lo dico. Un’altra cosa: farei fatica a pensare a un progetto strettamente musicale da proporre in questi tempi dove tutto è troppo autoreferenziale, figlio di un egocentrismo che ha fatto il suo tempo. Ecco perché sono così soddisfatto di eXtraLiscio, perché vedo questo progetto più come un format del divertimento, dove protagonisti sono musicisti altruisti, abituati a far musica per far divertire, un progetto di costume e di società, non solo musicale, dove ci si può prendere sul serio al massimo per cinque minuti. E con questo, caro Cico ti ringrazio e vai col Liscio, anzi con eXtraLiscio!
CICO CASARTELLI
prossimi appuntamenti degli eXtraLiscio in concerto: 10 agosto alla Rocca Malatestiana di Cesena, il 19 alla Festa della Marrone di Palazzi (Arezzo) e il 26 allo Sponz Fest di Calitri (Avellino).