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«Pinkerton tornerà quando i pettirossi faranno il nido…» È la speranza vana della giovane geisha Cio-Cio-San detta Madama Butterfly che, anche nell’adattamento dell’opera di Giacomo Puccini ideato dai Kinkaleri presentato all’ultima edizione del Festival di Santarcangelo, sceglie di interrompere il suo volo per porre fine alle sofferenze d’amore. Così come nella storia pucciniana c’è l’incontro tra il mondo orientale di Madama Butterfly e la cultura occidentale del tenente della marina statunitense Benjamin Franklin Pinkerton, così questa messinscena unisce la tradizione del melodramma italiano a nuove formule registiche allo scopo di avvicinare il mondo dei più piccoli all’opera lirica. Il colpo d’occhio di “Butterfly” firmato dalla compagnia toscana Kinkaleri è infatti l’aspetto che più affascina gli spettatori che rimangono incantati a osservare gli attori che agiscono in una sorta di ring ricreato a vista, molto vicino all’immaginario della pellicola cinematografica “Dogville” diretta da Lars Von Trier. Talvolta i confini disegnati in scena da un semplice nastro adesivo rimandano anche a un mondo di origami in cui gli attori si muovono con gesti precisi e mirati a rendere il senso della storia. Attraverso l’utilizzo delle maschere i personaggi si fanno più vicini alla fantasia e si inseriscono in queste scene fatte di immagini, luci e colori vivi, permettendo di seguire la narrazione in maniera lineare. Così i personaggi maschili sono affidati alla fisicità di Marco Mazzoni, mentre Madama Butterfly ha la aggraziata voce di Yammei Yang, con una presenza scenica molto adatta per la parte e un’intensità vocale capace di emozionare nei momenti più struggenti dell’opera. Estremamente interessante è poi la scelta di coinvolgere i bambini nel corso della rappresentazione che si è rivelata una piacevole parentesi. Il piccolo Martin è stato infatti spontaneo e perfetto nei tempi recitativi come un piccolo attore in erba e sembrava avvertire le sensazioni che gli interpreti e il pubblico gli stavano comunicando in quel momento.
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IRENE GULMINELLI
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In una calda serata estiva è andato in scena, nella suggestiva cornice della rocca di Santarcangelo, uno spettacolo curioso. Sì, curiosa è la parola giusta per definire la presenza scenica di Marco Mazzoni che, con l’aiuto del nastro adesivo e di una fisicità da commedia dell’Arte, ha dato vita a uno scenario in cui collocare le vicende della celebre Butterfly. Curioso e attento l’atteggiamento dell’attore rispetto alla possibile resa fiabesca ricercata. La finalità dichiarata del lavoro è infatti quella di avvicinare il pubblico dei giovanissimi all’opera del maestro Puccini, ma l’impressione è che il linguaggio scelto, potentemente visivo ed evocativo, puntasse a stupire e coinvolgere anche il pubblico adulto. L’incanto della narrazione è l’effetto maggiormente evocato negli spettatori. Di Butterfly resta sostanzialmente questo: una sequenza di potenti immagini oniriche e colorate, in cui le ombre, le luci e la voce soprano di Yanmei Yang sono in grado di raccontare alla nostra immaginazione una triste fiaba senza tempo.
Resta poco altro. Fallisce, dal mio punto di vista, il tentativo drammaturgico di analisi e di ricerca sul significato dell’opera. Purtroppo non sono riuscita ad ascoltare tutti i commenti della cinquenne seduta accanto a me, ma mi sarebbe infinitamente piaciuto chiederle cosa ne pensasse di quella signora con una forte cadenza cantilenante e melodiosa che si aggirava sul palcoscenico come un uccellino in gabbia. Di sicuro mi è rimasto impresso il tentativo del seienne Martin, invitato sul palco a prendere parte alla tragedia, di spronare Madama Butterfly a credere ancora in qualcosa. “Pinkerton ti ha mandato una lettera!” “Davvero? Allora mi pensa?” – Commiseranti sguardi alla poveretta dal pubblico adulto- “Certo!” E giù risate, ma ha ragione Martin. In fondo ha perfettamente ragione Martin con quel suo “Certo che ti pensa, ma tu datti una svegliata, altrimenti muori di fame con la tua serva e il tuo bambino.” Avvicinare il pubblico giovane alla lirica forse dovrebbe fare di più che evocare paesaggi meravigliosi e lontani, trasportare i bambini sulle note maestose di Puccini, interpretate nelle sue arie più celebri dal soprano Yang e parlargli di mondi sostanzialmente distanti da loro. Puccini narra di una grande donna, di una grande anima, quella emersa dal lavoro di Kinkaleri pare restare invece sempre una spettatrice inerme dello scorrere della propria esistenza. Dopotutto Butterfly si è messa contro tutta la famiglia e ha accettato di essere rinnegata dalla sua comunità per amore e per amore si faceva chiamare con un epiteto in lingua straniera. Una sciocchina innamorata? Non proprio, forse una donna coraggiosa e indipendente che prova a sfidare il suo tempo, leggi e convenzioni e che, mai vinta, si uccide quando capisce di aver perso l’unica persona per cui aveva fatto tutto questo: se stessa.
Al pubblico adulto lo spettacolo è piaciuto, molti erano i commenti soddisfatti per la bellezza della scenografia, l’eleganza delle figure sul palco, l’attenta ed elegante ricerca registica, ma dov’è Puccini? Se Kinkaleri non si fosse proposto di avvicinare il pubblico giovane all’opera forse sarei stata meno tranchant, ma ai bambini in sala mi sarebbe piaciuto fosse dato di più. Non si possono raccontare storie lontane senza contestualizzarle, non si può giocare con gli archetipi sui bambini senza dare loro gli strumenti di leggere una realtà che non parlava a loro e con loro. Non basta l’intenzione per far dialogare secoli diversi, ci vuole molta cura e per questo penso che questo spettacolo possa crescere moltissimo.
Nulla da dire infine sul finale, maestoso, elegante, raffinato. In definitiva consiglio di vedere Butterfly e spero che il lavoro della compagnia su questo progetto continui per arrivare al pubblico in maniera sempre più compiuta.
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LORENA FONTI
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Visto al Festival di Santarcangelo il 12 luglio 2016 – info: santarcangelofestival.com, kinkaleri.it
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