Il grande folk-rocker, autore, chitarrista inglese (nonché OBE-Most Excellent Order of the British Empire, per mano della Regina Elisabetta II) arriva in Italia per ben tre concerti che si annunciano fra i più importanti della stagione estiva: Venerdì 17 Giugno al Teatro Gustavo Modena di Palmanova (Udine), Sabato 18 al Palazzo Visconteo di Brignano Gera D’Adda (Bergamo) e Domenica 19 al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza (Ravenna). Cogliamo l’occasione di ripercorrere la carriera di Richard Thompson, fra le più prolifiche, avventurose e avvincenti degli ultimi cinquant’anni di musica inglese, capace di attraversare con disinvoltura il mito dei Fairport Convention e collaborazioni disparatissime tipo con David Thomas (Pere Ubu) e joint venture con John French (Captain Beefheart), Fred Frith (Fred Frith) e Henry Kaiser – insomma, i fatti spiegano chiaramente che l’artista non è soltanto un nobile folker ma un musicista che come pochi altri ha unito le note come si fa con i più fra loro lontani punti cardinali. E per celebrarne la grandezza, scegliamo i suoi tre migliori dischi per ognuna delle sue tre ere artistiche: quella con i Fairport, quella con l’ex moglie Linda Thompson e quella da solo.
FAIRPORT CONVENTION – Del gruppo che più di ogni altro ha rappresentato il folk revival inglese unito alla musica giovane, Richard Thompson ne è tra i fondatori: tutto iniziò quand’era imberbe diciassettenne, timido e con già il tocco magico alla chitarra che lo ha imposto fra i più venerati eroi dello strumento. La scelta è dei tre dischi fatti con i Fairport Convention è semplice, diremmo scontata: si parte con Unhalfbricking (1969), splendida opera dove il gruppo impone il proprio sound al massimo delle possibilità, capace di rivaleggiare con amici-competitors con nomi altisonanti quali Pentangle e Led Zeppelin – e il radicalismo di A Sailor’s Life o le magnifiche interpretazioni di Bob Dylan (Si Tu Dois Partir (If You Gotta Go, Go Now), Million Dollar Bash e sopratutto Percy’s Song) o ancora Genesis Hall (con Meet On The Ledge uno dei primi vero capolavori scritto da Sir Richard), sono lì ancora scolpite fra mito e granito. Proprio di mito bisogna parlare con il seguente Liege And Lief (1969), viaggio nel passato della musica tradizionale inglese per portarla nel futuro: l’ingresso detentivo dell’appena scomparso Dave Swarbrick, già regala la formazione Fairport più classica e bella ma sopratutto regala uno di quei dischi che poche band possono vantare in discografia, grazie a momenti immortali come Crazy Man Michael, Tam Lin, Matty Groves e l’intoccabile bellezza di Farewell, Farewell. Si arriva, infine, a Full House (1970): il gruppo è destabilizzato, siccome Sandy Danny ha lasciato il gruppo per formare i Fotheringay, ma Thompson e Swarbrick reagiscono con un disco maiuscolo, fatto di bagliori molto “americani” (Jefferson Airplane, Grateful Dead, Country Joe & The Fish) e che regala alla storia brani rimasti nell’immaginario dei Convention come Dirty Linen (showcase assoluto di Swarbrick), Walk Awhile e naturalmente la senz’età Sloth.
RICHARD & LINDA THOMPSON – Discreto, introverso, anche vegetariano ante litteram e tutto il resto che caratterizza un ragazzino poco più che ventenne, i primi anni Settanta sono un vortice per Richard Thompson: rischia di entrare negli Eagles (che incassato un no, passarono a Bernie Leadon), marchia a fuoco canzoni di amici-colleghi come Nick Drake (Hazy Jane II) e John Martyn (Over The Hill), lascia i Fairport, cerca le radici folk con Morris On e quelle rock con i Bunch (fra La Bamba e una strepitosa My Girl The Month Of May di Dion) e incide il suo primo album solo, Richard Thompson Starring As Henry The Human Fly (1972). Ma sopratutto si sposa, e lo fa con Linda Pettifer, due anni più anziana di lui, un passato accanto a Elton John ed ex fidanzata del fraterno amico-produttore Joe Boyd – per una decina d’anni i due saranno inseparabili, fra gli alti e bassi del matrimonio e le scelte religiose di lui, che a un certo punto si converte alla religione mussulmana (che segue tuttora) e porterà la moglie a vivere in una comune fatta di pochi comfort e di tanta meditazione-preghiera. Ma soprattutto vi sono i dischi, primo fra tutti quel I Want To See The Bright Lights Tonight (1974), esordio fulminante registrato in pochi giorni e che attese un anno prima che la Island si decidesse di pubblicarlo: e l’abbiamo scampata, pensate se qualche sciocco discografico si fosse messo di traverso e niente The Calvary Cross, The End Of The Rainbow, title track e Down Where The Drunkards Roll? Sospiro di sollievo. Sugli stessi livelli, più o meno, è Pour Down Like Silver (1975), che fin della copertina mostra certe travagliate scelte religiose (la back cover con Linda quasi in lacrime spiega molto): parlano chiaro classici quali For Shame Of Doing Wrong, Beat The Retreat, Night Comes In, Dimming Of The Day (forse il pezzo che ha dato più soddisfazioni economiche: Bonnie Raitt, David Gilmour, Neville Brothers, Tom Jones, Alison Krauss & Union Station, Eric Andersen – fra i tanti che l’hanno fatto proprio) e la misconosciuta quanto bellissima dedica a Nick Drake The Poor Boy Is Taken Away. L’addio della coppia è trionfale e drammatico nel contempo: Shoot Out The Lights (1982) è un lavoro di bellezza abbagliante tanto che (per quanto valgono le liste) il magazine Rolling Stone lo decreta fra i migliori dieci dischi degli anni Ottanta accanto ai vari Thriller e Born In The U.S.A. – ma è anche la bomba che fa esplodere il loro matrimonio. Con Linda incinta della terza progenie (che poi sarà Kamila Thompson, anche lei dedicata alla musica prima in solo e poi con gli ottimi Rails), Richard inizia una relazione con Nancy Covey, americana che da anni bazzica l’ambiente discografico – Shoot Out e il tour che ne seguono sono ovviamente travagliati, al limite dell’esaurimento nervoso, ma lasciano ai posteri musica vibrante come poche altre: Walking On A Wire, Did She Jump Or Was She Pushed? – dedicata alla scomparsa Sandy Denny – Wall Of Death – uno dei massimi capolavori usciti della penna di RT – Just The Motion, Back Street Slide e la stessa Shoot Out The Lights ne sono la prova.
RICHARD THOMPSON – Con Hand Of Kindness (1983) inizia la carriera in solo di Richard Thompson e meglio di così non poteva cominciare: il disco è considerato dai fanatici dell’artista come il più bello, opinione che tendiamo a condividere – non fosse altro che dopo Shoot Out giocare al rilancio in questo modo è cosa che davvero in pochi possono permettersi, come dimostrano Tear Stained Letter, Hand Of Kindness – con ospite John Hiatt – Poisoned Heart And A Twisted Memory, il ballo di San Vito Two Left Feet e soprattutto l’inenarrabile incanto di Devonside, uno di quei brani che meriterebbero Pulitzer e Nobel datti allo stesso momento (per non sbagliare). A questo punto molti opterebbero per Rumor & Sigh (1991), il suo album più di successo (specie in America) e senza dubbio uno dei suoi più riusciti ma visto che siamo bastian contrari, per non farlo ingiustamente cadere nel dimenticatoio, puntiamo su Mirror Blue (1994), che ne è il seguito e che è il suo personale Bone Machine: con più o meno lo stesso staff tecnico usato da Tom Waits in quel periodo, Richard Thompson gioca alla de-costruzione – tratta le sue chitarre, quasi le fa sparire in favore di tastiere insinuanti e ritmiche sbilenche – attenzione, però, dietro la maschera batte il cuore del solito campione di performing e di songwriting, vedi For The Sake Of Mary, Mingus Eyes, Mascara Tears, MGB-GT e Easy There, Steady Now. In chiusure di questa parata tre di tre, la scelta è difficile ma la facciamo cadere sul magnifico Mock Tudor (1999), dove il suo cuore di rocker tutto testosterone viene fuori per il meglio: già l’iniziale Cooksferry Queen mostra potenza e muscoli, così come Hard On Me fra testo durissimo e scintille alla Stratocaster, i ritmi dispari di Crawl Back (Under My Stone) e la scrittura perfetta di Bathsheba Smiles sono il degno proseguimento-suggello di una carriera musicale che più di tutto assomiglia a un romanzo di Fëdor Dostoevskij, di quelli proprio spessi come i mattoni e appassionanti come la vita – ed entusiasmanti, appunto, come la musica di Richard Thompson.
CICO CASARTELLI
RICHARD THOMPSON IN CONCERTO Venerdì 17 giugno: PALMANOVA (Ud), Teatro Gustavo Modena Anteprima “Folkest” – Sabato 18: BRIGNANO GERA D’ADDA (Bg), Palazzo Visconteo – Domenica 19: FAENZA (Ra), Museo Internazionale delle Ceramiche nell’ambito del festival Stradeblu.