Si chiama Bella ciao ma non si tratta né della catodica ego-mania di Michele Santoro né dei Modena City Ramblers che, come fosse un biglietto dell’autobus, timbrano tutti gli anni il Concertone del Primo Maggio. È decisamente meglio – è un prezioso album del Maestro Riccardo Tesi, che con il suo organetto diatonico è una delle grandi eccellenze della musica italiana, messo in piedi con un cast di grande scelta e multi-regionale, in qualche modo prosecuzione dell’imperdibile Maggio (2014) e degli altri lavori incisi con la Banda Italiana: il cast, appunto, comprende le voci della cantautrice umbra Lucilla Galeazzi, di quella sarda Elena Ledda e della toscana ed ex CSI Ginevra Di Marco nonché gli interventi del chitarrista Andrea Salvadori, le percussioni di Gigi Biolcati (una vera scoperta, questo mago del ritmo!) e gli interventi del cantautore pugliese Alessio Lega. E dopo il disco dello scorso anno ecco che l’opera finalmente la vediamo anche su di un palcoscenico (l’esordio sulle assi risale al 2014, se ricordiamo bene), una produzione che di tal forma, nell’Italia del secondo decennio del nuovo secolo, sembra diventata cosa rara.
Riccardo Tesi
Il tutto prende spunto dall’opera Bella ciao del Nuovo Canzoniere Italiano che nel 1964 esordì al Festival dei Due Mondi di Spoleto: allora su quel palco, fra gli altri, vi erano Giovanna Marini, Michele L. Straniero, Ivan Della Mea, Giovanna Daffini – insomma, coloro che sono i padri e le madri del revival folk italiano e che, appunto, in quella settimana tribolatissima furono protagonisti/testimoni, oltre che di musica, anche di rivolte e di scontri fra fascisti e comunisti. Già, il revival del folk non lo ebbero solo gli americani con Pete Seeger, il Kingston Trio o Joan Baez o gli inglesi con Shirley Collins, i Watersons o i Fairport Convention. L’idea di riportarlo in scena è venuta al sempre indomito Franco Fabbri (Stormy Six) e il Maestro Tesi e i suoi si sono messi a disposizione, per quello che è spiegato benissimo nelle note del CD: «Bella ciao è una lezione di democrazia che nasce dal basso, è un romanzo storico costruito attraverso la musica, i suoni e le parole». E l’allestimento teatral-musicale di cui siamo stati testimoni al Teatro della Società di Lecco è davvero di prim’ordine – oltre che davvero coinvolgente, a giudicare dalla complice partecipazione del pubblico che non ha lesinato battimani e ovazioni.
Per quanto il titolo possa sembrare ingannatore, Bella ciao più che uno statement politico è un viaggio folk nella memoria collettiva di un paese, il Nostro. Vi sono la Bella ciao canto delle mondine e quella riscritta dai partigiani, i pochi versi della bassa Toscana Tutti mi dicono Maremma, la Mìlán carceraria di Porta Romana, l’Abruzzo montanaro di Sant’Antonio nel deserto e quello costiero di Cade l’uliva (caschi la foje), la Romagna di Sono ceco e mi si vede, la Sardegna di No mi giamedas Maria, il Piemonte di Mia mama a vol ch’j fila, la trincea di Guerra cantata in O Gorizia, il canto anarchico di Addio a Lugano – in breve, lo spaccato di un’antica terra italiana che attraverso quest’opera è tramandato come giusto che sia. La band diretta dal Maestro Tesi fa di tutto perché la dignità di questo repertorio arrivi a noi nella gusta forma: non vi sono storpiature, vi è grande rispetto ma anche libertà interpretativa, dettata altrettanto da tanta perizia tecnica, e sopratutto a rimanere intatto è lo spirito originale. E all’uscita del teatro quelle canzoni belle, profonde, chiare e semplici non si scordano quando si girano le chiavi della macchina per andarsene – sebbene i tempi d’oggi sian quelli che sono.
CICO CASARTELLI
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