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«Dopo aver creato il cane, Dio si fermò un istante a contemplarlo nelle sue incertezze e nei suoi slanci, annuì e seppe che era cosa buona, che non aveva tralasciato nulla, che non avrebbe potuto farlo meglio»: scritta da Rilke a un’amica, è la frase che si trova sulla soglia di questo romanzo — una nuova incursione di Rosa Matteucci nell’universo aggrovigliato e dolente dei rapporti familiari. Nella famiglia della narratrice sono proprio i cani ad assumere un ruolo determinante: quello di una «risicata passerella di corde gettata fra due impervie ripe sentimentali». Da un lato del baratro c’è una madre di «leggendaria bellezza», refrattaria a qualunque «smanceria», sorda a ogni «desolato richiamo d’amore», e del tutto disinteressata a fornire alla prole più che un incorporeo nutrimento spirituale; dall’altro, una figlia convinta da sempre della propria inadeguatezza, che non nasconde «una malsana predilezione per quello sfaticato» di suo padre, e votata all’accudimento di una lunga serie di cani, tanto deliziosi quanto pestiferi (e nutriti, loro sì, parecchie volte al giorno). Finché non si troverà, la figlia, a dover accompagnare la madre, amata sempre di un amore tacito e geloso, nel drammatico percorso della malattia che la porterà alla morte.
Ancora una volta, con il consueto, lucido puntiglio e con quella lingua ardita e immaginosa che è soltanto sua, Rosa Matteucci mette in piedi un teatrino degli affetti al tempo stesso struggente e grottesco, dove allo strazio si alterna continuamente il riso.
«Quando Matteo Boe rapì Farouk Kassam, mio fratello Leporì non era ancora nato. Nei mesi del sequestro, che ebbe il suo acme nel tradizionale invio per posta di un lembo di orecchio del piccolo, recapitato a un prete, i coniugi Kassam furono intervistati e fotografati sempre con un buffo canetto ansimante fra i piedi. La prigionia si trascinò sino a luglio e, il giorno della liberazione di Farouk, il canettaccio era finalmente tra le braccia del bambino … Relegate nella topaia di campagna, avvilente ostello per contesse decadute, mia madre e io guardavamo bramose i telegiornali solo per ammirare il cane della famiglia Kassam; nessuna di noi manifestò mai alcun sentimento di pietas per il rapitino né misericordia per l’angoscia dei genitori. Ci deliziava il cane, esemplare di ratier di cui sino allora ignoravamo l’esistenza».
Nata a Orvieto, Rosa Matteucci attualmente vive a Genova. Costellazione familiare è il suo settimo libro. Con Adelphi ha pubblicato Lourdes (1998), Libera la Karenina che è in te (2003) e Cuore di mamma (2006).
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5 aprile, ore 18.30 – Ravenna, Palazzo Rasponi – info: iltemporitrovatoravenna.it
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