Rimozione di un genocidio, la memoria lunga del popolo armeno

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Antonia-Arslan

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L’autrice e saggista di origine armena, che è stata docente di storia della letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova, parlerà de Rimozione di un genocidio, la memoria lunga del popolo armeno dialogando con Matteo Cavezzali.

Sarà un momento di approfondimento sulla cultura armena che con le sue affascinanti tradizioni ha fatto da sfondo e da protagonista di molti romanzi della Arslan.

Lo sterminio degli armeni avvenuto tra il 1915 e il 1922 rispondeva alla volontà degli uomini al potere nell’impero ottomano di risolvere in modo definitivo la questione armena. Fu il primo genocidio del secolo breve, ma ancora oggi l’opera per insabbiamento della sua memoria rende rari i momenti di discussione pubblica su questa prima espressione della banalità del male. Conoscere come si svolsero quegli avvenimenti è fondamentale per la comprensione e la ricostruzione dell’odio che contraddistinse il Novecento e che ancora permea la nostra epoca.

In una notte di fine giugno del 1915, tre donne, un uomo e un bambino rimasto senza genitori scappano verso le montagne. L’esercito turco ha lasciato nel loro villaggio solo morti e rovine, una delle tante prove del genocidio armeno avvenuto tra il 1915 e il 1922. I cinque fuggiaschi hanno perso tutto, ma riescono a portare in salvo un prezioso libro liturgico conservato da sette secoli in un monastero. È alto quasi un metro e pesa poco meno di trenta chili. È il prezioso brandello di memoria di un popolo massacrato e disperso. Nella lunga e tormentata storia del popolo armeno, da sempre ponte tra Oriente e Occidente, due elementi si sono rivelati fondamentali: l’adesione al cristianesimo e l’invenzione dell’alfabeto, che con le sue 39 lettere segue come un perfetto strumento tutte le sfumature fonetiche di una lingua antichissima. Il destino di testimonianza e di martirio che spesso toccò a comunità disperse e finite sotto il giogo dei più svariati dominatori – dal sultano ottomano Abdul-Hamid II al governo dei “Giovani Turchi” – rese indispensabile il possesso di un “libro”, di solito un testo sacro, da portare con sé come prezioso pegno salvifico. Una “casa di parole” per continuare a vivere e poter conservare la memoria religiosa e civile dopo le persecuzioni, i massacri e le umilianti rimozioni che la storia talvolta riserva.

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21 gennaio, ore 18.30 – Ravenna, Palazzo Rasponi – info: iltemporitrovatoravenna.it

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