Chi si ricorda di Sandy Bull, leggendario polistrumentista il quale negli anni Sessanta con John Fahey e Robbie Basho formò la trimurti virtuale del primitivismo musicale che rese grande e proiettò nel futuro un certo folk d’avanguardia di quell’epoca, il quale peraltro ancora resiste magnificamente in termini di obsolescenza? Non molti, chiaro – ma siamo altrettanto certi che a ricordarsene siano Giorgos Xylouris e Jim White che, con il loro Goats pubblicato quest’anno e nientemeno che prodotto da Guy Picciotto dei Fugazi, ne hanno rinvenuto le grandi polifonie che fecero entrare Mister Bull nell’Olimpo dei grandi. E peraltro di Goats ne è annunciato pure il seguito per il 2016 – si dice aperto a performance di qualche loro famoso amico, sebbene per ora di più non sappiamo.
I due hanno una storia che sa molto di globalizzazione, nel senso migliore del termine – in quanto essi si sono incontrati già diverso tempo addietro in quel di Melbourne in Australia: White vi nacque e vi fondò i Dirty Three con Warren Ellis e Mick Turner, mentre Xylouris vi finì per vari anni come immigrato dalla natia Creta nell’ambito della comunità greca. Facile immaginare che i due si siano scambiati una promessa, quella di prima o poi fare qualcosa assieme – che ora, dopo l’album, culmina con uscite dal vivo del duo.
Vederli in azione è sicuramente un’esperienza. Jim White si porta dietro un background di tutto rispetto che, oltre ai Dirty Three, vanta ben marcanti sortite al servizio di gente come Nick Cave, PJ Harvey, Kim Salmon, Will Oldham, Marianne Faithfull, Tex Perkins, Beth Orton, Smog e Cat Power, per i quali ha prestato la sua batteria sempre foriera di un beat avant a dir poco unico. Giorgos Xylouris, per contro, ha portato la musica folklorica della sua gente e del gruppo della sua famiglia a contatto con un esperienza più global, con la peculiarità di aver elevato il liuto, il suo strumento d’elezione, a capo di intere orchestre quando nella cultura popolare cretese finora è solo stato usato come strumento d’accompagnamento – che poi è quanto fece Sandy Bull con diversi degli strumenti a corda che toccò, specie l’oud di origine egiziana poi adottato nel mondo arabo medio-orientale.
L’ora abbondante di musica proposta, tutta basata sul loro disco, è un bel viaggio fra suggestioni di musica folk portata a registri più complessi, spinosi ma con un fine ben chiaro, quello dell’avventura che si respira attraverso Pulling The Bricks, Chicken Song, Suburb e Fandomas – fatta di distanze culturali apparentemente molto ampie, intelligenza tradizionale e quella non-tradizionale, ma che messe insieme danno l’idea di un mondo ibrido del quale i due sembrano essere natii – quello di Goats.
CICO CASARTELLI
16 dicembre, Bologna, Freakout
17 dicembre, Roma, Circolo dal Verme
18 Foligno, Four Rooms