Pane e giochi circensi secondo Os Mutantes

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Sergio Dias of Os Mutantes.

Con nostra grande sorpresa, quando chiamiamo via Skype Sérgio Dias scopriamo che egli non si trovi né a San Paolo né a Las Vegas, dove vive da diversi anni – bensì a Milano, in visita di amici, prima che inizi il tour europeo dei Mutantes che li vedrà impegnati un po’ ovunque: Inghilterra, Olanda, Francia, Germania, Israele, Spagna, Portogallo, Svezia e naturalmente Italia, dove sono attesi per ben tre concerti a Torino (26 novembre, Sala Espace), a Roma (4 dicembre, Monk) e a Bologna (5 dicembre, Locomotiv). Seu Dias ci racconta un po’ di tutto fra storie del suo gruppo, ricordi dell’epoca tropicalista, politica, Rogério Duprat, esperienze psichedeliche, George Harrison e tanto altro. Un piacere raccogliere quanto ha da raccontare.

Com’è la situazione con tuo fratello, Arnaldo Baptista? L’ultima volta che i Mutantes hanno suonato a Milano, tu dal palco ti scusavi spiegando che tuo fratello era rimasto in hotel…

Fra me e mio fratello, infelicemente, non vi sono rapporti oggi. Dopo che lui tentò il suicidio buttandosi dal quarto piano di un palazzo, Arnaldo ha perso quello che si chiama “diritto legale”. Quando era in tour con noi nel 2007, Arnaldo stava dando segni di miglioramento ma la sua compagna, che ha il “diritto legale” su di lui, gli impedì di continuare a far parte gruppo. Da allora ella non permette contatti, tanto che sono anni che non vedo mio fratello. Per esempio, in quello show di Milano cui tu hai assistito, ella gli impedì letteralmente di suonare. È una situazione molto triste – io mantengo la porta aperta ma non dipende da me.

I Mutantes sono quasi al decimo anno di reunion – quando vi riformaste nel 2006 chiedeste a Rita Lee, la storica cantante del gruppo, di fare parte del come-back? Negli anni ho letto interviste di Rita Lee che non sono molto tenere con voi…

La prima cosa che abbiamo fatto quando cominciammo a parlare di una reunion, fu di metterla al correte e di chiederle se le sarebbe piaciuto prendervi parte. Ci disse che era diventata nonna e che voleva curare solo la sua nipotina. La sua volontà era quella di non voler saper più nulla dei Mutantes. La mio opinione è che il problema di Rita Lee è prima di tutto di desiderio – i Mutantes non sono un gruppo che persegue il successo a tutti i costi. Io credo che Rita Lee abbia un problema con il peso che la musica dei Mutantes comporta – la musica che facemmo insieme è riconosciuta a livello mondiale e credo che lei abbia un problema ad ammettere tutto questo, specie se messo in paragone con la sua carriera dopo i Mutantes.

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Quando Rita Lee lasciò i Mutantes, nei primi anni Settanta, ella poi formò un altro gruppo chiamato Tutti Frutti. Voi che restate nei Mutantes che tipo di sentimenti avevate nei suoi confronti? Competizione? Rabbia?

Niente di tutto ciò. Noi abbiamo aiutato Rita Lee in tutti i modi possibili – è sempre stata nostra sorella. Tanto più che dopo i Mutantes ho suonato con lei molte volte dal vivo e abbiamo pure inciso cose insieme – non ci sono mai stati problemi da parte mia, tutto quello che mi ha chiesto di fare insieme lo abbiamo fatto.

Al principio della reunion, dieci anni fa, a prendere il posto di Rita Lee fu Zélia Duncan, una cantante brasiliana già nota prima di aggregarsi a voi e che ora è tornata alla propria carriera solista. La sua permanenza era stata concordata come temporanea o è successo qualcosa che l’ha allontanata dal gruppo?

Zélia aveva dato chiaramente la sua disponibilità a far parte della reunion dei Mutantes, senza dubbio. Quando ci comunicò che voleva andarsene, la cosa fu veramente una sorpresa. Anzi, ci prese davvero di contropiede e in verità abbiamo dovuto pensare a lungo a come riproporci senza di lei, anche se in verità, mi spiace dirlo, chi faceva le parti difficili non era Zélia bensì era la nostra voce di supporto di allora, Esmeria Bulgari, che adesso ha preso il posto di Bia Mendes, la quale a sua volta per un certo periodo è stata la nostra cantante.

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I due dischi reunion fatti, Haih Or Amortecedor e Full Metal Jack, mi paiono molto riusciti – li trovo molto “qui e adesso”, sono decisamente contemporanei. A questo punto, con te che hai 64 anni anni, dobbiamo attenderci ancora nuova musica dei Mutantes?

Io penso proprio questo che affermi tu. I Mutantes non sono un gruppo che vive semplicemente della propria storia e ti garantisco che non inizieremo adesso a farlo. Noi non siamo qui per i soldi, siamo qui per il nostro vecchio pubblico e sopratutto cercarne di nuovo, che faccia parte del nostro percorso. Ritengo che i Mutantes siano un gruppo vivo, pronto ad accettare critiche positive o negative – abbiamo un passato, lo sappiamo, ma non ci interessa vivere su quello o solo di quello. Con certezza ci sarà nuova musica, anche se l’anno scorso c’è stato un periodo che mi sentivo davvero esausto, non volevo sapere né di chitarra né di musica in genere – ti garantisco che in questi dieci anni esagero se dico che ho passato in totale due mesi a casa, siamo stati costantemente in tour, con tutto il bello e il brutto che questo comporta. Adesso però sono tornato ad avere voglia di comporre e di incidere – pertanto, a breve, sì, ci sarà nuova musica dei Mutantes.

Negli anni Sessanta, fra le varie cose, i Mutantes furono famosi perché letteralmente inventarono nuovi strumenti. Puoi ricordarci qualcosa in proposito?

Tutto iniziò per necessità, semplicemente perché in Brasile a quel tempo non c’era praticamente niente. A cominciare tutto fu mio fratello Cláudio, che iniziò a pensare alle mie necessità musicali . Per esempio, quando nacquero i Mutantes, il gruppo era solo un trio – pertanto ero io che dovevo fare tutte le parti armoniche, tutti i solo, dovevo passare dalla chitarra acustica all’elettrica. Ti faccio un esempio: a un certo punto ebbi bisogno di un distorsore che non intermodulasse le note, nel senso che le note non creassero un effetto di confusione, pertanto Cláudio s’inventò un distorsore che permettesse di fare addirittura degli accordi, intendo proprio accordi complessi. Fu una trovata rivoluzionaria, che non mondo della musica pop non si era assolutamente né vista né sentita.

Os Mutantes con Gilberto Gil
Os Mutantes con Gilberto Gil

Io ho avuto il piacere di vedere i Mutantes ben due volte, una a Curitiba in Brasile e una a Milano. Una cosa che ebbi modo di notare è che praticamente non furono considerati pezzi del secondo periodo del gruppo, quello di dischi quali Tudo foi Feito pelo Sol e il postumo O A e o Z – perché?

Perché? Forse perché non stavo prendendo dell’acido (ride di gusto, NDR). Magari se tornassi a esperienze lisergiche, potrei ritornare su quella musica! Qualche hanno fa stavamo suonando in un festival dalle parti del parco di Yosemite in California, e alla fine dello show una ragazza ci passò un spinello dicendoci che era roba speciale. Speciale perché dopo ci siamo accorti che era pieno di acido – finimmo per fare un “viaggio” pazzesco, mi pareva di essere tornato ai primi anni Settanta quando i Mutantes facevano uso abituale di allucinogeni.

Il vostro album Tecnicolor fu inciso nel 1969 a Parigi e fu tutto o quasi cantato in inglese. Come mai è stato pubblicato ufficialmente solo nel 2000? 

Fondamentalmente quello fu un demo per la PolyGram inglese che ci voleva a lavorare in Inghilterra. Come sai, in Tecnicolor ci sono solo quattro brani inediti – il resto erano riedizioni di vecchi brani tradotti. Per la verità, per quello che è il mio gusto, l’album è un po’ freddo, ed è rimasto nei cassetti semplicemente perché si perse. Tanti anni dopo, quando fu preparato un cofanetto con i dischi del nostro gruppo, mi ricordai di quelle registrazioni e chiesi al personale della Universal di fare una ricerca e, finalmente, furono riscoperti i nastri.

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Durante la dittatura militare in Brasile, molti suoi colleghi come Caetano Veloso, Chico Buarque e Gilberto Gil furono costretti a lasciare il Paese. Come accadde che i Mutantes, considerando anche come voi foste dirompenti non solo dal punto di vista musicale ma anche quello culturale, rimasero a vivere in Brasile?

Ti garantisco che quelli furono anni terribili – vivevamo tutti nella paura di essere arrestati o maltrattati dall’esercito. Quando nel 1977 andai in Europa a vivere conobbi diversi esiliati – e tutti mi raccontarono delle tremende torture che subirono. I Mutantes risolveranno di restare perché la musica era forse la cosa che ci nascose agli occhi del regime – eravamo ragazzini, e tutti i ragazzini sono in qualche modo artisti. Che ne so, quando suonavamo con Gilberto Gil in Domingo no parque, io avevo diciassette anni. Io credo che noi in particolare non fummo presi e sbattuti in galera per causa della nostra immagine – prendi Gil, era facile tacciarlo di essere comunista, stessa cosa Caetano Veloso con quei capelli assurdi – i Mutantes, invece, con Rita Lee come immagine, biondina e occhi azzurri, sfuggivano a quello stereotipo.

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Come vedi i Mutantes parte della tradizione musicale brasiliana? Se penso a Tropicalia, album e movimento, voi eravate l’avanguardia – se confronto voi con altri gruppi più o meno di quell’epoca tipo i Novos Baianos, in loro si colgono subito molti rimandi alle tipiche radici brasiliane mentre nei Mutantes questo accade molto poco…

Esatto. Mettendo da parte tutto il discorso del tropicalismo, i Mutantes erano un gruppo i cui elementi, nessuno escluso, voleva fare musica rock – come i Beatles e tanti altri. I Mutantes erano davvero influenzati da musica del mondo intero, senza dubbio. Ti faccio un esempio, però. Prendi la versione di Baby in Tecnicolor – il piano che suona Arnaldo è uno dei più belli e intensi passaggi di bossa nova che io ho ascoltato in tutta la mia vita, te lo garantisco. Semplicemente perfetto, impeccabile. I pezzi dei Mutantes della prima epoca erano tutti estremamente originali, e la loro forza era che con avessero una relazione diretta con la musica brasiliana precedente. È chiaro che senza i Mutantes il tropicalismo non sarebbe esistito – Mutantes, Gilberto Gil e Caetano Veloso sono le pietre fondanti di tutta la musica uscita di quel periodo.

Come probabilmente saprai, Caetano Veloso e Gilberto Gil quest’anno hanno fatto un tour mondiale che celebra i cinquant’anni della loro amicizia. Quali sono le possibilità che nel 2018 siano celebrati i cinquant’anni di Tropicalia ou Panis et Circenses con coinvolti voi, Caetano, Gilberto, Tom Zé e Gal Costa?

Lo adorerei, sarebbe fantastico. Il fatto è che non credo molto nelle cose pianificate a tavolino. Prendi il ritorno dei Mutantes nel 2006 – nessuno ha pianificato nulla, quasi non parlavamo fra noi. Tutto nacque grazie al Barbican Theater di Londra, che organizzò una celebrazione di Tropicalia – e in verità, per fortuna, qualcuno suggerì al curatore che non aveva senso fare una manifestazione del genere senza i Mutantes, il quale a sua volta lo spiegò in un’intervista. Per pura coincidenza, in Brasile questo fu capito male dai media, i quali scrissero che i Mutantes stavano già facendo prove, che tutto era pronto per il nostro ritorno – e non era vero. Fummo inondati di chiamate e email. A quel punto iniziammo a parlare fra di di noi, e quando Dinho Leme mi disse che se io avessi voluto ricominciare lui era disponibile, ho capito che la cosa potesse essere seria – perché Dinho erano quasi trent’anni che non suonava. A quel punto, ci trovammo in casa mia e posso solo dire che l’energia era tutta lì. Dopodiché ci ritrovammo catapultati sul palco del Barbican, che per noi fu una specie di off-Broadway – il primo show dei Mutantes dagli anni Settanta. In sostanza, se ci sarà qualcosa per i cinquant’anni di Tropicalia, sarà qualcosa di naturale, veritiero, senza trucchi – come tutto quello che ho fatto in vita mia.

Os Mutantes con Jorge Ben, Caetano Veloso, Gilberto Gil, Nara Leão e Gal Costa
Os Mutantes con Jorge Ben, Caetano Veloso, Gilberto Gil, Nara Leão e Gal Costa

Mi piacerebbe che ricordassi Rogério Duprat, l’arrangiatore di Tropicalia ou Panis et Circenses e produttore e autore di tanta altra musica brasiliana di quell’epoca. Se si ci si informa su di lui, molti lo vedono al pari di gente come Phil Spector o Brian Wilson…

Vuoi la verità? Io penso, senza dubbio alcuno, che Rogério Duprat sia molto, molto migliore di Phil Spector! Brian Wilson era bravissimo, ma era estremamente limitato a quello che faceva con i Beach Boys. Rogério Duprat aveva una conoscenza della musica assolutamente mondiale, da Igor Stravinsky alla samba dei contadini. Rogério era uno del livello di George Martin, capiva di musica e frattanto creava come raramente mi è capitato di vedere. Le sue orchestrazioni sono uniche. Hai presente Objeto não identificado di Gal Costa?

Certamente…

L’arrangiamento è davvero stupefacente, roba che lascia a bocca aperta. Stessa cosa per Trem fantasma dei Mutantes – lo trovo impressionante. Come ti dicevo, Duprat era uguale a George Martin – pensare ai Beatles senza Martin è impossibile, e stessa cosa vale per i Mutantes senza Rogério. È grazie a lui che i Mutantes hanno fatto quella musica. Ti confido un ricordo personale – quando egli morì era davvero molto che né lo vedovo né lo sentivo, anche perché già da molti anni vivevo negli Stati Uniti, prima a New York e adesso a Las Vegas – bene, forse non sai che lui suonava il violoncello, e il giorno che lessi della sua dipartita, uscii di casa e comprai un violoncello e in suo onore iniziai a giocarci, a suonarlo. Io non credo nella morte, sento che Rogério vive dentro di me, come tutte le persone cui volevo bene nella mia vita – lo tiene in vita l’amore immenso che io provo per lui. E lui, ne sono certo, mi ispira ancora adesso.

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Con o senza Mutantes, tu sei sei considerato uno dei grandi guitar hero della musica brasiliana. A tua volta, chi sono i chitarristi che ti hanno ispirato e che ammiri?

Quando cominciai a suonare, i chitarristi che mi piacevano erano quelli delle orchestre di gente come Jimmy Smith e Nat King Cole. Sicuramente Les Paul è stato importantissimo, per me. E non posso scordare un gruppo come i Ventures, musicisti che davvero mi hanno insegnato tutto – mi ricordo che da ragazzino annotavo tutte le parti di Bob Bogle, il chitarrista dei Ventures – pensa che facevo girare più lentamente i dischi per capire come diavolo facesse quegli accordi. Potrei citare molti altri chitarristi: Jeff Beck, John McLaughlin, Eric Clapton, B.B. King, Albert King. Il miglior chitarrista che ho mai ascoltato è però George Harrison. Non ho mai ascoltato un solo di George Harrison che non fosse bello quanto le canzoni per il quale fu fatto – e a volte i solo di chitarra erano anche meglio delle canzoni stesse. Lo trovavo impressionante, unico – quanto nei Beatles, da solo o nei Traveling Wilburys.

infine, che cosa si deve attendere il pubblico per questo tour europeo e per le tre date italiane?

Chi verrà si deve attendere i Mutantes come gruppo maturo, nel massimo della forza musicale. Come diciamo in Brasile, stiamo giocando la palla molto meglio. Tutto è molto libero, in pieno work in progress.

CICO CASARTELLI

26 novembre – Torino – Sala Espace

4 dicembre – Roma – Monk

5 dicembre – Bologna – Locomotiv

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