Neil Young, gli anni Ottanta che bisogna riscrivere

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Di Neil Young si può scrivere di tutto: bene o male, insultarlo o incensarlo, si possono pure fargli tanti auguri giusto perché proprio ieri ne ha fatti settanta tondi. Ma sopratutto bisogna mettersi in mente che i suoi anni Ottanti siano da riscrivere, ripensare e ripresentare, almeno a livello mediatico. E questo spettacolare doppio Bluenote Café che documenta le uscite live con i Bluenotes a supporto di This Note’s For You (1988) ne dà ottimo spunto, come già accadde con l’eccezionale A Treasure (2011), il quale raccoglieva performance degli anni 1984-85 dove l’artista canadese era accompagnato dagli International Harvesters.

Neil Young and the Blue Notes 1988

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Pensare agli anni Ottanta di Neil significa tante cose: le provocazioni di dischi quanto meno assurdi sebbene alcuni di essi abbiano non poco resistito al tempo, tipo Re.Ac.Tor (1981) e Trans (1982), oppure le liti plateali con azioni legali e contro-azioni legali con quella magnifica sagoma di David Geffen, ma soprattuto tante avventure live peraltro molto ben documentate grazie a decine di bootleg. Ecco, appunto, il Neil Young live anni Ottanta sembra una saga Dostoevskij-iana più che il semplice percorso di una rockstar di mezza età con sulle spalle il peso degli Harvest e dei Four Way StreetBluenote Café lo spiega benissimo, nel fiume in piena che ne è l’ascolto. Il gruppo che lo accompagnava era very fat e si chiamava Bluenotes: un mischione bastardo di Crazy Horse e altri accoliti come Chad Cromwell e Rick Rosas con in aggiunta un’intera sezioni fiati chiaramente ispirata alla Stax/Volt – poi non vi chiedete perché anni dopo Neil si buttò fra le braccia di Booker T & The MG’s.

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La scusa era quella di promuovere This Note’s For You (1988), il disco che finalmente lo riportava a casa alla Reprise dopo il tormento recente passato alla Geffen – e nonostante il clownesco piglio soul, quello fu un disco che funzionava alla grande, aveva fuoco, era pieno di energia e, sì, di idee. Bluenote Café di quell’album ne presenta una bella fetta – piccola lamentela personale: peccato non sia presente quel gioiello di Coupe De Ville – fetta che nell’ambiente live prende ancora di più il volo. Basti pensare come qui detonino alla grande la stessa This Not Is For YouLife In The City oppure il semi-capolavoro Twilight che più Otis Redding si muore con quell’attacco accelerato tutto Try A Little Tenderness – in poche parole, era un Neil Young a dir poco assatanato. Così come sono molto assatanate le versione dei classici anni Sessanta e Settanta che infila, fra On The Way Home dei Buffalo Springfield cucinata Motown e sopratutto una Tonight’s The Night fiume in piena di quasi venti minuti che sembra uscire di qualche spettacolone di Broadway – o che magari qualsiasi spettacolone di Broadway voleva semplicemente ribaltarlo, raderlo al suolo. E prima di chiudere, non possiamo tacere di Ain’t It The Truth, che già fu un cavalo di battaglia dei feroci Shocking Pinks, la band che il Loner mise in piedi per Everybody’s Rockin’ (1983) – il pezzo è un rockabilly devastante che non fa prigionieri e che, però, piaceva un pelo di più quando a farlo erano appunto i Rosa Scioccanti. Già, forza – per mettere il sigillo agli anni Ottanta made in Neil Young, dopo A Treasure e il qui presentissimo Bluenote Café, ora ci attendiamo un bel live degli Shocking Pinks fatto come si deve, che i soli tre brani in Lucky Thirteen (1993) non bastano proprio – anche se non mancano i bootleg. Ma qui stiano parlando di passare dall’illegalità alla legalità, o no?

CICO CASARTELLI

NEIL YOUNG – Bluenote Café (2CD Reprise)

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