Venus è il secondo episodio della tua ricerca coreografica dedicata al sistema planetario. La nostra rivista si intitola Gagarin Orbite Culturali: capirai che il tema ci stuzzica. Come ti è venuto in mente?
Un elemento fondamentale che ha innescato questo mio interesse e dato vita alla ricerca sul sistema planetario è stato il film 2001: Odissea nello Spazio del regista Stanley Kubrick.
L’interesse per i pianeti nasce però dalla passione per la geometria che da sempre costituisce l’elemento centrale di ogni mia creazione; in particolare le figure del quadrato e del cerchio, che fin dall’antichità sono state associate e contrapposte rispettivamente all’ordine terrestre e celeste del cosmo.
Sono affascinato quindi dalla relazione tra corpo e cosmo: a partire dagli studi sulla nascita del giardino, un recinto in cui l’uomo nei secoli ha scelto il bene prezioso da proteggere, all’architettura dei teatri anatomici, spazi dedicati alla dissezione dei corpi umani per studiarne la struttura interna e porla in relazione agli astri.
Un’immagine e un testo che sublimano questa relazione tra geometria, cosmo e corpo è il trattato De architectura di Vitruvio e la conseguente rappresentazione di Leonardo da Vinci dell’uomo. Sono due documenti affascinanti a cui sono fortemente legato e che accompagnano tutt’ora un personale discorso artistico sul corpo.
Per chi non era a Ravenna: puoi raccontare cosa accade in scena?
La scena si compone di uno spazio bianco, una trave svedese in legno rosso e bianco sulla destra e un tubo grigio appeso sulla sinistra. Sul fondo domina l’immagine del pianeta Terra, vibrante e luminoso al centro dello sfondo nero.
In questo spazio “atterrano” una donna e un uomo; si posizionano al centro e presentano una serie di gesti eseguiti con arti superiori, disegnando nell’aria linee diritte e curve. Da questo prologo i singoli gesti vengono cuciti generando un movimento sinuoso e armonioso eseguito con rigore e distanza. Entrambi sono alla ricerca di una quiete che viene spezzata ripetutamente da alcuni elementi che cadono sulla scena e richiamano all’ordine. Le due figure umane usciranno sconfitte da questo “viaggio”, nude, a contemplare il lontano pianeta Terra, nel velato desiderio di farvi ritorno.
–
Nel lavoro utilizzi musiche molto diverse fra loro (John Cage, Steve Reich e Edgard Varèse). Come le hai scelte? E perché?
Nella colonna sonora dell’Opera di Kubrick sono presenti brani di repertorio classico e composizioni di Gyorgy Ligeti, molte delle quali ho utilizzato per il primo episodio della ricerca coreografica: Jupiter and beyond.
Per il secondo episodio, Venus, ho scelto di mantenere un legame con i compositori avanguardisti del ‘900. Per cercare le giuste sonorità utili all’immaginario che desideravo creare ho ascoltato diverse composizioni. La scelta è ricaduta su quattro spartiti audaci e molto diversi, tutti caratterizzati da una drammaturgia sonora importante. Da queste sonorità ho creato i singoli gesti e di conseguenza tutta la coreografia aderisce ed è supportata dalle atmosfere che le composizioni creano.
La prima tappa di questo progetto è dedicata a Giove. Puoi definire tre differenze sostanziali tra questi due pianeti, nella lettura coreografica che ne hai dato?
Innanzitutto l’elemento cromatico: Giove è scuro, nero, blu notte, mentre Venere è luminoso e delicato, bianco, azzurro.
Differisce tra le creazioni quindi il disegno luminoso: Giove è costruito su continui “respiri” dal buio alla luce che donano ritmo all’azione mentre Venere presenta transizioni che modificano lentamente la luminosità della scena, creando un ritmo costante.
Ultimo elemento fondamentale è la presenza dei danzatori: in Jupiter and beyond tre corpi attraversano la scena alternandosi in momenti corali e assoli e creando un disegno di movimento astratto, mentre in Venus un uomo e una donna, ricchi di una forte psicologia personale, abitano costantemente la scena.
E tre punti di vicinanza?
Entrambe le creazioni sono intrise di un tempo lento e rarefatto. Giove e Venere, seppur differenti, generano una sensazione di spaesamento immergendo lo spettatore in un luogo alieno e sconosciuto. Infine è ampiamente visibile il rigore geometrico che domina la scena: le figure quadrate e circolari accompagnano e coordinano tutti gli elementi scenici creando una connessione profonda tra il movimento dei corpi, luce e suono.
–
Ci sono altri Pianeti in arrivo per te?
Si! Sono io però che gravito attorno alle loro orbite. Dopo Giove (il più grande del sistema solare) e Venere (il più vicino e “gemello” al Pianeta Terra per dimensioni e massa) penso mi dirigerò verso Marte il prossimo anno. Non ho un ordine preciso e non so ancora quali mete future avrà questo “viaggio” spaziale.
Nella locandina dello spettacolo è scritto: “produzione: stereopsis / TIR Danza”. A beneficio dei neofiti: cosa vuol dire?
Venus è una nuova creazione che conferma una virtuosa collaborazione nata nel 2014 tra l’importante realtà Modenese TIR Danza e stereopsis, personale sede di lavoro Ferrarese e associazione culturale che si occupa di comunicazione e progettazione grafica. Entrambi i soggetti hanno contribuito al sostegno produttivo di questa creazione.
In Venus danzi assieme a Alessandra Fabbri. Come l’hai incontrata?
Ho conosciuto Alessandra Fabbri a Ferrara nel 2008 frequentando un suo seminario di danza contemporanea e classica. È stata un grande sorpresa rivederla nel luglio 2014, quando ho indetto un’audizione per comporre il cast di Jupiter and beyond. Mi sono riservato molti giorni per riflettere sulla sua ipotetica presenza e posso confermare oggi che è una grande risorsa.
Quali sorprese ti ha portato, la sua presenza?
La sua formazione ed esperienza di danzatrice e attrice per importanti coreografi e registi la collocano in un territorio ibrido. Ha un’innata quiete e spensieratezza contagiosa in sala prove e una presenza magnetica in scena. La sua sensibilità e capacità mimetica la rendono plasmabile e duttile per molteplici ricerche artistiche.
.
Leggo nella scheda del tuo spettacolo: «una serie di esercizi tratti dal repertorio ballettistico e ginnico». Il balletto e la ginnastica: due mondi che conosci bene. Puoi riassumere brevemente il tuo percorso, a oggi?
Il mio corpo è stato plasmato dalla disciplina della ginnastica artistica, sport che ho praticato a livello agonistico dai 4 ai 16 anni. Successivamente mi sono avvicinato al movimento attraverso un percorso eterogeneo variando da corsi e seminari di danza classica, hip hop, moderna, contemporanea, rinascimentale. Sono paralleli, ma fondamentali per lo sviluppo di una personale metodologia di lavoro sul corpo, gli studi sull’anatomia, i corsi di fisioterapia e riequilibrio muscolare, yoga, arti marziali, la passione per la fotografia e grafica.
–
MICHELE PASCARELLA
Info: festivalammutinamenti.org, nicolagalli.it