Se non avete mai coltivato un orto invernale, sappiatelo subito: in inverno avrete soprattutto cavoli, cavoli e cavoli.
Per fortuna non sono sempre amari, anzi, ce n’è una tale varietà da confondere le idee. Di alcuni si mangia la radice, come il cavolo rapa, di altri l’infiorescenza, come il broccolo o il cavolfiore, di altri il “cappuccio”, ovvero la palla di foglie compatte che si forma prima della fioritura, come le verze, di altri ancora le foglie semplici, come il cavolo nero, oppure perfino le gemme, come i cavoletti di Bruxelles.
Chi non ama i cavoletti, per prima cosa, deve sapere che coltivati nel proprio orto e cucinati appena colti, non sono neanche paragonabili a quelle palline avvizzite implasticate che trovate al supermercato: i cavoletti diventano deliziosamente burrosi, poi, quando sentono la morsa del gelo, e continuano a produrre fino alla fine dell’inverno! Bruxelles e cavolo nero sono le varietà più resistenti alle basse temperature.
C’è un cavolo cinese, chiamato Pak-Choi, che comincia a diffondersi anche dalle nostre parti, e somiglia a una bietola, infatti se ne consumano le foglie, crude o cotte, delicatamente amarognole. Non va confuso con il “cavolo cinese” più propriamente detto, un altro cavolo da foglia che invece somiglia alla cicoria pan di zucchero, né con il “broccolo cinese”, o cavolo Gai Lon, da fiore.
Per chi ha gusti psichedelici, e trascorre ore a osservare le proprie verdi creature, è d’obbligo coltivare il cavolo romanesco, un vero frattale vivente!
E la puzza? I composti di zolfo che si sprigionano in cucina possono essere limitati riducendo i tempi di cottura, ad esempio usando la pentola a pressione, o evitando la cottura, che salva questi ed altri elementi nutritivi preziosi per la salute.