Wire, sventola bandiera rosa!

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C’erano i Sex Pistols, c’erano i Clash, c’erano i Buzzcocks ma c’erano anche i Wire – anzi, ci sono ancora – ossia l’ala d’avanguardia/art-rock dell’originale punk inglese, sorta di versione d’Oltremanica dei Pere Ubu o dei Television nonché fra i massimi ispiratori di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni quando costoro iniziarono l’avventura CCCP. Colin Newman, oggi buon sessantenne, sventola ancora la sua bandiera rosa punk – e guida i suoi Wire in questa terza fase del gruppo, che a conti fatti è la più stabile intrapresa siccome perdura senza interruzioni dal 2000.

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Quella dei Wire è davvero un’ombra lunga che corre lungo molto del rock alternativo degli ultimi decenni – Minutemen/fIREHOSE, Red Hot Chili Peppers, R.E.M., Blur e Franz Ferdinand, solo per nominarne alcune, sono band che a Colin Newman devono molto – la sottile nevrosi, i ritmi convulsi, la frammentazione del linguaggio – tutto questo è riconducibile a quanto fatto dai Wire in tempi non sospetti, tempi di vera battaglia, musicale e politica, come se le due cose fossero inesorabilmente connesse una all’altra.

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Di revival ve ne è di tutti i tipi, e fra quelli testati con mano, quello punk è il più rischioso, come fosse un boomerang che ti ritorna dritto fra i denti – i Wire lo evitano tutto, anche perché la loro musica, a conti fatti, fin dell’inizio ha sempre voluto essere un work in progress lanciato per un viaggio nel futuro – loro, per essere chiari, dei Clash che volevano riscrivere il rock & roll come accaduto in London Calling (1979), se ne sono sempre fregati – la missione era un’altra. A sentire In Manchester, Adore Your island, Brazil, Boiling Boy, Split Your Ends, fra le altre eseguite nel perfetto festival organizzato dalla bresciana Arenasonica (tutto messo in piedi magnificamente: gran sound e ottima location, meritati applausi!), la sensazione è che i Wire siano dei futuristi punk che, se la città sale, non è detto che tutto non si possa sovvertire, tipo mettere le fogne in zona attico e magari i giardini pensili sotto i ponti o farli sembrare tombini – insomma, l’assurdo della musica Wire non ha perso nulla del proprio afflato – giusto per scansare qualsiasi effetto revival (o effetto-collaterale revival)…

CICO CASARTELLI

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