Di solito scrivo di teatro e di danza. Ogni tanto di arti visive. A volte del mescolamento di queste discipline. Ma è estate, tempo di cambiare. Urge prendere distanza per qualche giorno da artisti e affini, da ombelichi e specchi. Urge un po’ di mondo.
Mi guardo intorno, scopro che non lontano da casa mia c’è Safari Ravenna. Penso che potrebbe essere una cosa curiosa, per i lettori di Gagarin che non lo conoscono. Così decido di andare a vedere.
Il sito web è accattivante, come è suo dovere esserlo. Ma il luogo in cui si trova (la location, direbbero quelli alla moda) mi fa partire un po’ prevenuto: è praticamente di fronte a Mirabilandia, il divertimentificio che ho visitato solo una volta, nel giorno del mio trentesimo compleanno, e per questa vita mi basta. Sarò snob, ma quella macchina da guerra dell’intrattenimento adrenalinico mi fa pensare allo Stefano Benni di Comici spaventati guerrieri: «Un posto dove se non ti diverti ti picchiano». Dunque se è vero, come dicevano i nostri nonni, che “chi si somiglia si piglia”, ho temuto che questo Safari Ravenna fosse un po’ la stessa cosa, con in più l’aggravante di sfruttare animali che probabilmente starebbero meglio a casa loro.
Un animalista convinto forse non cambierebbe idea, non so. Ma io, che non ho quel tipo di sensibilità, mi sono proprio entusiasmato.
Arrivo a Safari Ravenna e la prima cosa da fare, nomen omen, è il Safari. Il che significa attraversare quattro chilometri di percorso verde circondato da leoni, tigri, zebre, ippopotami, giraffe, bisonti, cammelli, struzzi, lama, antilopi, cervi, fenicotteri, elefanti e chi più ne ha più ne metta.
Per fare questo giro ci sono tre possibilità: 1) con la propria auto 2) con un’auto elettrica a noleggio 3) con il trenino. Con la propria auto: sconsigliatissimo, si devono tenere i finestrini chiusi tutto il tempo e la visione diventa un po’ televisiva. Con l’auto elettrica: sconsigliato, nessuno racconta niente. Con il trenino: perfetto. Salgo e mi danno un vaso pieno di carote da dar da mangiare agli animali, attraverso piccoli buchi nella grata di metallo che separa dall’esterno. E soprattutto: una guida ci racconta ciò che incontriamo man mano, facendocelo vedere con occhi diversi (Brecht docet: torna il teatro).
Quando ho fatto il giro in trenino io, ho avuto la fortuna di incontrare una guida davvero strepitosa, Chiara Roncuzzi. Alla fine del tour le ho fatto i complimenti e le ho chiesto di raccontarmi qualche cosa di sé: in passato ha collaborato con il Teatro delle Albe (rieccoci), partecipando allo spettacolo Tingeltangel da Karl Valentin, drammaturgia e regia di Marco Martinelli, debutto 1 marzo 2000. Due lauree e alcune incursioni nel mondo del cinema. Cortesia, entusiasmo, competenza e brio: una meraviglia.
Alla fine del tour Chiara mi dà il catalogo delle attività didattiche 2015. In copertina una citazione che riassume il senso di tutto questo. È di Marshall McLuhan, uno che di comunicazione se ne intendeva: «Coloro che fanno distinzione fra intrattenimento ed educazione forse non sanno che l’educazione deve essere divertente e il divertimento deve essere educativo». Bingo.
Dopo un pranzo veloce al Ristoro del Delta (ma volendo ci si può portare il pranzo al sacco, per il quale c’è un’area attrezzata), sono passato alla parte visitabile a piedi. Lì una ridda di capre, tartarughe, mucche, pecore, pony. Uno stupefacente Rettilario con serpenti lunghi da qui a lì e altre meraviglie (coccodrilli, iguane, boa, …). L’Isola dei Lemuri e l’Isola dei Babbuini, quest’ultima attraversabile a bordo di un piccolo trenino a rotaia: loro si agganciano in cerca di cibo, con nasone e sedere rosso fanno versi e schiamazzi a go go.
Per me era la prima (e forse l’unica) volta nella vita in cui mi trovavo a Safari Ravenna. Dunque, in ogni modo, una festa. Ma quelli che ci lavorano, mi è venuto da pensare, come fanno a essere così gentili? Che poi ho avuto anche bisogno di una indicazione su quando e dove trovare un autobus per tornare a casa, e nell’ufficio si son prodigate in tre. Ed è comunque agosto, e fa comunque caldo, e le facce e le richieste dei visitatori verranno a noia dopo un po’. E invece tutti, tutti i lavoratori e le lavoratrici di Safari Ravenna avevano una cortesia davvero commovente.
E un entusiasmo: chiamano gli animali per nome, come fossero loro amici. Scherzano, sorridono. Forse fan finta, ma se anche fan finta lo fanno benissimo: chapeau.
Dimenticavo due presenze importanti (ricopio dal sito): «il reticolo di canali sparsi nell’area del safari che consente la raccolta, il filtraggio, la depurazione e lo stoccaggio dell’acqua che viene riutilizzata per il parco stesso; gli impianti fotovoltaici che corrispondono a quelli di una città di 4.300 abitanti e consentono di produrre 2 Megawatt di energia (ceduta per il 90% alla città di Ravenna)».
Unico neo, il costo: il biglietto intero costa 25 euro, più tre euro per il trenino. I bambini pagano un po’ meno, ma certo una gita di famiglia a Safari Ravenna vien fuori un po’ costosa.
Detto questo, io l’ho provato e ve lo consiglio. Molto.
Buon Ferragosto a tutti. Ci risentiamo a settembre.
MICHELE PASCARELLA
Info: safariravenna.it