Sei stata riconfermata dopo aver diretto il Festival nel triennio 2012-2014: una scelta piuttosto inusuale per Santarcangelo.
Il Festival è in un momento di trasformazione profonda – della sua durata temporale, del rapporto con il territorio, della tipologia di progetti, delle forme di rapporto con gli artisti, di organizzazione interna… – e mi è stato chiesto di portare a compimento un disegno, di andare a fondo nella visione che negli anni scorsi abbiamo iniziato a tratteggiare. Una questione fondamentale è la dimensione internazionale del programma e delle relazioni, che quest’anno compie un passo avanti significativo, con produzioni, co-produzioni e con la presentazione di numerosi spettacoli internazionali, dall’Iran all’Ungheria. E un progetto di Scuola curato da Aleppo con l’Università di Giessen.
Santarcangelo vs Resto del mondo?
È un problema aperto, su cui continuiamo a lavorare consapevoli del suo paradosso: come mantenere vivo il rapporto tra la dimensione italiana e internazionale delle arti sceniche contemporanee e un contesto locale specifico?
Ci sono un’immagine o una parola che caratterizzano l’edizione 2015?
Per la prima volta da anni abbiamo scelto di non avere un’immagine ma di pensare al Festival come a un terreno su cui si posino delle parole: i nomi degli artisti innanzitutto, che sono il cuore del nostro lavoro e che sono stati i protagonisti della cartolina di annuncio del programma, e ora due frasi d’artista: ho coinvolto Romeo Castellucci, abbiamo riflettuto molto sull’atto della presa di parola nello spazio pubblico e siamo arrivati a immaginare come sua forma di presenza un gesto scrittura per i manifesti del Festival, che riportano su carte di colori diversi le frasi “Guardare non è più un atto innocente” e “Sarà come non poter distogliere gli occhi dallo sguardo di Medusa”.
Moltissimi gli ospiti stranieri, per lo più sconosciuti ai non addetti ai lavori. Puoi aiutare i lettori di Gagarin a orientarsi?
Ci sono alcuni artisti mai stati in Italia e assolutamente da scoprire, a partire da Béla Pintér e dal suo teatro politico e musicale. Markus Ohrn realizza un progetto specifico per Santarcangelo con un gruppo di signore romagnole. Milo Rau, con cui apriamo il programma del teatro in piazza, presenta anche il suo film sul processo alle Pussy Riot. Con i lavori di Mette Ingvartsen e di Tino Seghal si va al cuore della danza europea che sta seducendo e sfidando le grandi istituzioni museali, e che cerchiamo di mettere in relazione a un discorso più ampio sul rapporto tra corpo e archivio. La Piattaforma della Danza Balinese dopo la sorpresa dello scorso anno si rilancia, sempre a cura di Michele Di Stefano, Fabrizio Favale e Cristina Rizzo, e si apre con un invito a scuole di danza, a coreografi e danzatori contemporanei, agli altri artisti del Festival, occupando per dieci giorni la Sala Consiliare del Comune di Santarcangelo.
C’è un artista in programma che consiglieresti in particolar modo a uno spettatore che si avvicinasse senza una pregressa alfabetizzazione alle forme del contemporaneo?
In generale, direi tutto il programma del teatro in piazza, dove artisti e linguaggi sono contemporanei ma dove si può leggere con più forza (proprio perché è il nostro contesto più “popolare”, nel senso alto del termine) il rapporto tra teatro e dimensione politica, il modo in cui il teatro interroga la realtà.
MICHELE PASCARELLA
10-19 luglio – Santarcangelo di Romagna (RN), luoghi vari – info: santarcangelofestival.com