Inventore dei Gov’t Mule, perno fondamentale dell’Allman Brothers Band per venticinque anni e infaticabile sideman per mezzo mondo della musica americana, con particolare inclinazione per i Grateful Dead superstiti, Warren Haynes merita il rispetto dovuto a chi con vera tenacia si è fatto largo con il talento dell’artigiano che ha tecnica invidiabile – in poche parole, è lui il primo a sapere che i geni sono altri ma ciò non toglie che il chitarrista sia personaggio il quale davvero val la pena seguire, e non solo per simpatia.
Districarsi nella sua discografia è diventato abbastanza complicato vista la messe che invade il mercato – tuttavia, esiste anche il Warren Haynes solista, che dopo Tales From Ordinary Madness (1993) e Man In Motion (2011) giunge al terzo disco di studio con questo Ashes & Dust inciso con i Railroad Earth, band che da una quindicina di anni si è ritagliata una bella fetta di successo e rispetto nell’ambito bluegrass/newgrass e delle nuove leve figlie della Cosmic American Music dei Grateful Dead e di Gram Parsons. La mossa di Haynes si rivela azzeccatissima – l’album, seppure duri un po’ oltre quello che lo renderebbe più equilibrato, è una bella variazione rispetto alle peregrinazioni che lo hanno reso celebre – qui, davvero, a tratti il fantasma di Jerry Garcia, quello dei magnifici lavori di studio anni Settanta, Garcia-The Wheel (1972) su tutti, regna sovrano. Ashes & Dust è un disco molto lungo, dura un’ora e venti cui aggiungere, in caso, i demo posti all’edizione deluxe – insomma, Haynes ha messo tanta carne al fuoco ma a saper navigare nella sua musica si incrociano davvero diversi momenti magici, che in questo caso circoscriviamo a due brani in particolare, Company Man e Spots Of Time. Il primo è una tirata anti-coporation in pieno approccio, come dicono in America, grassroots (leggi, “società civile”) che a essere cattivi con Neil Young, si beve in un secondo tutto Monsanto Years, il recentissimo lavoro del Loner canadese – metteteci, inoltre, che Warren e i Railroad Earth sfoderano un gran tiro bluegrass up-tempo e il gioco, decisamente al rialzo, è fatto. Spots Of Time è, senza mezze misure, il capolavoro dell’album e uno dei momenti migliori dell’intero corpus discografico del signore dei Gov’t Mule: quasi nove minuti di musica cosmica americana che di questi livelli se ne sente poca in giro, fra mille imitazioni (e irritazioni) – anzi, da buon alunno voglioso di imparare tutto dai propri maestri, Haynes assesta un colpo travolgente che senza soluzione di continuità mette insieme la musica dei Monti Appalachi, i Dead, gli Allman e Ornette Coleman in un turbine che non può lasciare indifferenti – e non fa male rivelare che il pezzone sia frutto di scrittura a quattro mani con Phil Lesh, il divino Grateful Dead.
Il resto di Ashes & Dust, pur nella stra-bordanza del tutto, è pane & formaggio di quello buono – come i bocconi che si azzannano qui e là tipo Stranded In Self-Pity, Gold Dust Woman – bella rilettura dei Fleetwood Mac versante Stevie Nicks di Rumours (1977), con ospite la nuova stellina tutta gambe e vestiti sexy Grace Potter – Hallelujah Boulevard e Word On The Wind – dicevamo, bocconi pieni di gusto che Warren Haynes non ha mai mancato di lasciare a piene mani nella sua intensa attività iniziata oramai decenni addietro nientemeno che alla corte di David Allan Coe, uno di quelli che o nuoti o anneghi.
CICO CASARTELLI
WARREN HAYNES – Ashes & Dust (Concord Records)