Che paese fatto di “se” l’Italia – tipo che se fosse un paese che sapesse davvero coltivare le proprie eccellenze, il nome di Carlo Muratori dovrebbe essere sulla bocca di tutti sia come sopraffine cantautore qual egli comunque è sia come squisito musicologo della Sicilia e del Mediterraneo, di quelli che in America li riempiono di premi e di onori come hanno fatto, per citarne un paio, con Alan Lomax e con Chris Strachwitz della leggendaria Arhoolie Records. E invece il nostro provincialismo ha fatto sì che un tesoro come Muratori ora sia costretto ad autoprodursi i propri album, beninteso con sempre grande dignità ed eccellenti risultati artistici, e a rimanere nell’ombra quando le rassegne nazionali di musica danno premi e premiolini al primo che passa con un ufficio stampa con buone relazioni pubbliche. Insomma, la situazione è tragica, lo sanno anche le statue di marmo, ci resta solo il passaparola – finché non ci toglieranno anche quello, quando infine resteremo come mute statue di marmo.
Pensavo che all’EXPO 2015 non vi avrei messo davvero piede, e invece per la prima delle ben quattro serate in cui Carlo Muratori è stato invitato al Padiglione Sicilia, ne è valsa davvero la pena andarvi – un artista così non bisogna perderlo, anche perché, pur seguendolo da venti e passa anni, non ho mai avuto l’onore di vederlo in azione su di un palco – distanze e discordanze temporali hanno sempre impedito che accadesse. Mai perdere le speranze – e, difatti, accompagnato dal bravissimo fisarmonicista Francesco Calì e da un paio di altri amici al sax e alle percussioni, pur nella brevità dell’esibizione nella purtroppo confusa ambientazione presso l’EXPO 2015 che ha penalizzato non poco l’evento, il Maestro siracusano dal vivo si è confermato un cavallo di razza – di quelli che sanno comunicare una tradizione non in modo semplicemente retorico bensì appieno dinamico e coinvolgente, peculiarità che solo i veri grandi sanno padroneggiare. Muratori canta e suona di mare e di terra, di tradizioni religiose, di politica, di contaminazioni che la sua Sicilia non ha mai rifiutato, con però un piglio di cantautore che si rifà ai grandi non solo italiani, giacché non è difficile cogliere eco di terre lontane, come quelle di Caetano Veloso, Chico Buarque e Gilberto Gil – tutto evitando approccio didascalico di molto folk contemporaneo nostrano come provato sia in dischi a dir poco splendidi e fra i più belli pubblicati negli ultimi tre decenni in Italia, a partire da quel Canti e incanti (1994) che non si capisce ancora come alla CGD furono così illuminati di pubblicare e addirittura di darne seguito con l’altrettanto splendido Stella Maris (1996), per continuare con Pesah (1999) e tutti gli altri che meriterebbero intere monografie tanto sono occasione di vera ricchezza culturale e musicale. Da tutto questo la serata ha regalato diversi spunti che faranno parte del suo imminente nuovo album Sale, il primo in ben sette anni.
Un artista così bisogna spiegarlo essendo perentori, dunque: perché se in Liguria hanno avuto Fabrizio De André e Ivano Fossati e Napoli la Nuova Compagnia di Canto Popolare, in Sicilia vantano Carlo Muratori – e credetemi, si tratta di tanta roba.
CICO CASARTELLI