«Oggi il Signor Saturno mi sembra ancor più agitato del solito. Parla alternando concitazione e borbottii incomprensibili. “È mai possibile,” mi dice, “che dopo lo sgombero e il sequestro dell’Aula C di Scienze Politiche, occupata per 26 anni, i ragazzi debbano vendicarsi con sistemi da ritorsione mafiosa? Signorina Gelsomina, non le pare che imbrattare le statue di Palazzo Hercolani, riempire di scritte i muri dell’Università con slogan carichi d’odio e, insomma, praticare sempre la prepotenza nei confronti dell’ateneo e degli altri studenti, squalifichi anche tutte le altre e magari sacrosante proteste? Che modi sono mai questi?!” Secondo me il Signor Saturno, benché lanciato in una paternale dal volume assordante, con un tono di voce degno di Stèntore, tutti i torti non li ha mica: praticare la disobbedienza civile senza offendere nessuno è impossibile, ma quando si producono danni di questo tipo diventa difficile, per tutti, distinguere tra il puro teppismo e l’articolazione di contenuti, tra chi occupa per goliardia e vandalismo e chi, invece, cerca di rispondere a un’emergenza abitativa, a un disagio reale, alla purtroppo cronica latitanza delle istituzioni. Di conseguenza, organi di stampa, autorità civiche e forze dell’ordine hanno gioco facile nell’infilare tutti nello stesso calderone, quello dell’illegalità da estirpare senza prendersi il disturbo di approfondire le differenze tra una situazione e l’altra. È in questo modo – spiego al Signor Saturno, all’epoca dei fatti fuori città – che si è arrivati a mettere i sigilli all’esperienza, per esempio, del Collettivo Bartleby, un movimento nato nel 2009, sull’onda delle contestazioni alla riforma della scuola targata Mariastella Gelmini e per quattro anni capace di produrre eventi culturali non solo gratuiti, ma di grande qualità, arricchenti proprio, nonché spesso allestiti con la collaborazione, una volta tanto aperta e volontaria, di fumettisti e illustratori, musicisti e scrittori, professori, ricercatori e studenti. Allora, tirandolo per la manica, porto il Signor Saturno in via San Petronio Vecchio, davanti all’edificio, inutilizzato oggi come allora, dove Bartleby, tra le altre cose, conservava, catalogata con precisione, un’emeroteca delle riviste indipendenti italiane in gran parte costituita dal fondo donato loro dal poeta bolognese Roberto Roversi, scomparso nel settembre del 2012. “E i locali sono stati murati, con il fondo di Roversi dentro!,” dico al Signor Saturno, “e ai ragazzi del collettivo è arrivata l’irricevibile proposta di spostarsi in una zona remota della periferia, forse per non turbare l’immagine di un centro città immaginato in forma di bomboniera per borghesi abbienti! Dopo, il silenzio.” Mentre osservo con una punta di nostalgia le finestre del numero 30 di San Petronio Vecchio, ricordando gli incontri organizzati dal Komikazen – il Festival del Fumetto di Realtà – e pensando a quanto sia labile il confine tra l’inseguire il consenso dei moderati e diventare, poi, dei veri e propri benpensanti, vedo il Signor Saturno appiattire il naso su di una vetrina… si sta lucidando gli occhi sull’assortimento di birre del Lestofante, un angolino di Romagna nel centro petroniano dove decidiamo di entrare per ristorarci un attimo. Né pub né osteria, il Lestofante è soltanto (soltanto?) un punto di vendita (e, dicono loro, “somministrazione”) dei prodotti dell’azienda agricola Cà Montalbano di Brisighella, in provincia di Ravenna. “Ma hanno tutti prodotti del loro territorio!”, esclama stupito il Signor Saturno. “I vini e le birre ravennati, la piadina di Faenza…” “Già,” gli rispondo io, “ma anche prodotti locali, chiaro, e freschi, di giornata, per sostenere i piccoli esercenti e saltare del tutto la grande distribuzione. Il che gli consente di essere ecologicamente sostenibili e, soprattutto, economicamente sostenibili, perché i loro prezzi (tutti onestissimi) non sono certo da locale del centro!” Trenta metri quadri a dir molto, sedie e tavolini allegramente scompagnati, un’atmosfera informale e, nella sua gioia di vivere e proporre, tipicamente romagnola, l’obiettivo dichiarato (lo sentiamo dire da uno dei quattro ragazzi che gestiscono il posto) di guadagnare abbastanza non per farsi una crociera o andarsene alle Bahamas bensì per portare in Emilia-Romagna, in concerto, Robert Pollard dei Guided By Voices! Insomma, al Lestofante, tra una birra insaporita dagli agrumi e un piatto di salumi e formaggi talmente ricco (e genuino) da sembrare una cena, si pratica il gusto del vivere, badando al piccolo artigianato e all’ospitalità anziché alle grandi pretese, ai menù roboanti o al costo delle bottiglie. “Bravi, bravi,” dichiara soddisfatto il Signor Saturno, addentando un formaggio di fossa. “Sì, bravi,” concordo io, prima di chiedergli: “E lei, come lo chiamerebbe, lei, il rispetto di questi ragazzi per l’alimentazione, per la provenienza del cibo, per l’onestà di intenti, per la vivibilità delle dimensioni?” Lui ci pensa un momento e poi mi dice, “Disobbedienza e resistenza?”, e io, assaggiando il mio salutare Sangiovese, annuisco, pensando a quanto di buono questa città, quando riesce a ricordarsi delle sue antiche vocazioni, è ancora in grado di ospitare».
LESTOFANTE – Via San Petronio Vecchio, 10/b – 40125, Bologna
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