Natale a Gomorra: il grado zero del nuovo cinepanettone

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Natale a Gomorra

Come prendere la notizia che a Natale, oltre al settimo capitolo di Star Wars (in uscita il 16 dicembre anche da noi) e presumibilmente il nuovo di Zalone, le sale italiane ospiteranno “Natale a Gomorra”?

Onestamente: male. A prescindere da tutte le tare che si possono o non possono fare, questa è una di quelle notizie in grado di affossare un sistema che già da tempo è alla canna del gas. E non sto parlando di incassi (che comunque sono bassi in una stagione in cui nessun titolo ha ancora superato i 20 milioni di euro in sala, termine di paragone “minimo” ai tempi d’oro, e con un solo film tricolore fra i primi 6) ma proprio del sistema cinematografico italiano. Un sistema che ormai vivacchia fra impennate d’autore (Moretti, Sorrentino e Garrone in concorso a Cannes, ma i nomi sono i soliti anche lì) e una produzione media che fatica ad uscire da quella specie di melma da commedia rosé tipo Si Accettano Miracoli, Il Nome del Figlio, l’Italiano Medio, La Prima Volta di Mia Figlia o Un Natale Stupefacente. E proprio qui, da quest’ultimo titolo, che l’asino casca. Perché Natale a Gomorra è il prosieguo di una stagione di cinepanettoni prodotti da De Laurentiis con Lillo e Greg, nuova coppia comica che prende il posto di Boldi e De Sica. Ma dove lo prende, il posto? A parte battute telefonate che vi lascio immaginare, di sicuro non lo prendono nel cuore degli spettatori. Che prima hanno abbandonato, in parte giustamente, i lavori solisti di Boldi; poi pian piano hanno dimenticato De Sica; e poi non stanno di certo premiando la coppia di comici romani abituati a diversamente grevi situazioni. Che non siano una coppia comica per tutta la famiglia è chiaro: Lillo e Greg dirigono le proprie sferzate altrove, hanno un sistema comico differente (se potessimo parleremmo di una differente raffinatezza) e, di sicuro, non hanno una platea vasta come potevano averla De Sica e Boldi. Che venivano da, e lavoravano assieme, in un periodo storico ed economico più florido e con tante paillettes.

E poi c’è la questione del titolo. Natale a Gomorra si rivolge, con tutta l’evidenza del caso, all’ormai noto “pubblico del web”. Un po’ come ci si rivolgeva l’Italiano Medio di Capatonda. Il titolo è un aggancio a tutte quelle web series, di maggior o minor fortuna, che si rifanno a prodotti televisivi e ne creano una, più o meno riuscita, versione alternativa. Anche Gomorra, la serie (derivativa dal film derivativo dal libro), ha avuto la sua derivazione web. Ma qui siamo all’assurdo di un livello talmente “alla” di un prodotto di genere che al pubblico potrebbe pure sfuggire il nesso: dal libro al film, dal film alla serie tv, dalla serie tv alla web serie, dalla web serie al film natalizio. Quattro passaggi che rischiano di lasciare un tale microfiltrato a cui neppure Lillo e Greg possono restituire nerbo e sensibilità. Cosa può esserci di non detto ancora da dire, che possa attirare attenzione e interesse? Ma soprattutto: il popolo del web è disposto a uscire di casa per andare al cinema a vederlo?

Perché la questione è proprio questa: se non c’è un’urgenza creativa tale da proporre lunghi pianosequenza di caserme vuote e in disuso occorre che dietro ci sia un desiderio, lecito e comprensibile e sostenibile, di incasso. Se c’è una cosa di cui ha bisogno il cinema (anche d’autore) è un prodotto medio, in grande quantità, che attiri pubblico. Questo perché intanto lavorano coloro che quel cinema fanno, e poi c’è la questione che un po’ di quell’incasso sostiene le produzioni che altrimenti non vedrebbero neppure il primo ciak. Ma qui, oltre ad aver avuto in crollo nell’interesse degli spettatori, c’è anche un crollo nell’inventiva tipica di chi, questo cinema medio, è chiamato a fare. Non voglio fare il solito passatista ma sono là da vedersi i tempi in cui in sala andavano Bud Spencer e Terence Hill o Tomas Millian o Paolo Villaggio o Renato Pozzetto in coppia con Adriano Celentano. Quello era un’idea di cinema che collaborava con lo spettatore: ne percepiva le richieste e rispondeva in modo da traghettare, pure, qualche emozione. Qui, adesso, il meccanismo pare logoro: le commedie si somigliano, le situazioni vanno in fotocopia, il sollazzo o la complicità è altrove. Dove? È facile intuirlo: ci sono serie tv che non stonano su grande schermo, web series prodotte con intelligenza e sagacia. E sono prodotti, si badi bene, medi. Come dovrebbero essere queste commedie e come, ormai, non lo sono più.

 

ps. Natale a Gomorra sarà in 3D e distribuito anche nei circuito IMax. Non oso immaginare il perché.

 

2 COMMENTS

  1. Eggià. Titolo presentato in gran spolvero un paio di settimane fa. Considerando i tempi (soggetto, sceneggiatura, casting, riprese, montaggio e promozione) temo che siano già partiti e che ci sia poco da fare …

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