Tra i nomi simbolo del post-punk d’avanguardia, la band di Cleveland fondata da David Thomas (unico membro rimasto in formazione) ha marchiato a fuoco la scena americana di fine anni settanta/inizio anni ottanta. In tre anni, con quattro LP a cavallo dei due decenni, hanno dato una svolta sperimentale e art alla new wave più marcia e garage dell’epoca. Con assoluti capolavori: il fulminante esordio “The Modern Dance” (1978) e poi di seguito “Dub Housing” (1978), “New Picnic Time” (1979) e “Art Of Walking” (1980). Fino a “Carnival of Souls”, diciottesimo lavoro in studio della loro carriera.
Quello uscito per Fire nel settembre scroso è il 18° album dei Pere Ubu, in una carriera di quasi 40 anni, in cui le regole del music-biz sono state ampliamente rivoluzionate, rispettando un diktat che li vuole ancora animali liberi in un universo governato da mode effimere. In questo la band di David Thomas continua a dividere e a confondere la critica musicale globale. Senza prendere prigionieri. “Carnival of Souls” è stato concepito nel mezzo di una stagione concertistica imponente, che ha fatto seguito alla pubblicazione di “Lady From Shanghai”.
Il gruppo ha già eseguito una versione dal vivo del disco, musicando in pratica la proiezione dell’omonimo film del 1962 (un horror ante-litteram diretto da Herk Harvey) che dà il titolo al nuovo album. Tutto questo accadeva nell’edizione 2013 dell’East End Film Festival a Londra.
La band ha susseguentemente portato in giro per l’Inghilterra e l’Europa queste idee embrionali, improvvisando attorno a temi definiti ogni notte. Nella tipica tensione da tour, il gruppo avrebbe messo a seria prova il suo sistema nervoso: le provocazioni erano all’ordine del giorno e le stesse si manifestavano in interpretazioni che potevano passare dall’urlo primordiale a un accenno di labile disperazione.
Il confronto – spesso deciso – tra i membri del gruppo ha portato così alla creazione di un lavoro straordinario. Capace di restituire in toto il nuovo carattere delle composizioni. Ogni brano è un’esperienza singolare, quasi sotto incantesimo i Pere Ubu propongono riff neri come la pece e ritmi martellanti nella loro personale interpretazione di una messa voodoo. E guarda caso Screaming Jay Hawkins sembra osservare dall’alto queste evoluzioni, come se la sua “A Put A Spell On You” fosse divenuta per incanto una nuova “30 Seconds Over Tokyo”. La versione in cd dell’album include l’epica “Brother Ray”, descritta come un prequel di 12 minuti al romanzo di Nathanael West “Il Giorno della Locusta”. Citazioni appropriate per un disco che rende pieno merito al carattere furioso dei nuovi Pere Ubu, nuovamente in pista dopo anni apparentemente riflessivi. Tutta la fisicità di David Thomas (che nel frattempo è tornato ad avere una linea invidiabile) si concretizza in questi solchi che immortalano la più grande band avant-garage di tutti i tempi.
21 febbraio, Ravenna, Pere Ubu, Bronson, Madonna dell’Albero, via Cella 50 ore 21.30, info: bronsonproduzioni.it