Un’anatra danese, la grande abbuffata un anno dopo

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Sono nel pieno delle preparzioni natalizie, un odore di anatra proveniente dal forno sta invadendo la cucina, eppure mi scopro imbambolata a pensare al Natale scorso ed alla bizzarra conclusione della notte della vigilia di appena un anno fa. Sembra così distante ormai, ma dodici mesi orsono ci trovavamo ad Alleppey in Kerala, lontane dal frenetico correre tra cucina, supermercati e negozi, ma completamente immerse in un altro caos, quello indiano fatto di clacson, vociare di gente, luci e musica. Avevamo scoperto che sulla spiaggia a poca distanza dalla nostra guesthouse c’era accampato quello che i locali chiamavano circo, e ci avevano più volte incitato a vedere…

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Dopo un’ottima cena natalizia a base di curries, decidiamo di chiudere in bellezza andando alla spiaggia e quello che ci troviamo davanti agli occhi altro non è che una sagra di paese, molto simile a quella che veniva allestita in piazza per la festa del paese quando ero bambina, ma con un tocco indian style. Tante bancarelle piene di luci, tiri al bersaglio, una mini ruota panoramica e poi una costruzione in tubi innocenti da cui giunge un gran frastuono. Solo un signore è appostato sulle scale per fare i biglietti e vendere l’apprezzatissimo “show”. Vinte le resistenze di Sanja, che non ha nessuna voglia di entrare nell’arena ma non può certo negarmi un desiderio la notte di Natale, saliamo le scale verso la cima. Immaginatevi un guscio d’uovo tagliato a metà interamente realizzato in assi di legno e sostenuto da un’intelaiatura esterna in tubolari di ferro. Alla sommità del guscio, a 5-6 metri d’altezza, ci posizioniamo su una balconata e come noi altre 200 persone stanno affacciate lungo tutta la circonferenza in attesa che lo spettacolo abbia inizio. In basso solo due macchine un po’ scassate (giuro una è una vecchia Fiat Uno!) e un palo al centro attorno cui è arrotolato un tendone, che probabilmente viene utilizzato in caso di pioggia per creare un’arena coperta.

Senza nessuna presentazione, ecco che da sotto sbuca un ragazzo con la motocicletta, salta in groppa e senza che neanche me ne accorga è già all’altezza della balconata e subito inizia a girare come un forsennato dentro “l’uovo”. Io faccio un gran balzo all’indietro: vederlo passare a pochi centimetri a tutta velocità, mi ha fatto prendere un colpo!! Ma questo è niente, lo spettacolo vero deve ancora iniziare! Senza mani, senza piedi, senza mani e piedi, seduto sul fianco, disteso sulla sella, capisco d’un tratto perché lo chiamano circo! La gente entusiasta comincia a sventolare banconote, ed il ragazzo, veloce come un fulmine, le prende al volo con le mani libere e se le infialava tra le labbra. Poi ecco un secondo motociclista, e lo spettacolo diventa ancora più entusiasmante e continuano a fioccare banconote. Il frastuono è incredibile ed ad ogni passaggio delle moto davanti a noi le vibrazioni della struttura sono fortissime…beh meglio non pensare alle norme di sicurezza, se non ha ceduto per anni spero proprio che non lo farà nemmeno stasera! Dopo un po’ inizio a guardarmi attorno, oltre me, Sanja ed un gruppetto di 4 svedesi non ci sono altri stranieri tra gli spettatori, solo indiani di tutte le età. Di fianco a me c’è un padre che tiene in braccio una neonata e la scuote dolcemente come per farla addormentare! Una situazione a dir poco surreale! Dopo 10 minuti o forse più i riders scendono dalle motociclette e salgono sulle auto. Quindi quella vecchia Uno è in grado di muoversi ancora!! E di nuovo lo spettacolo riprende con una macchina, poi una seconda ed infine moto e auto insieme in un gran bailamme finale. Gli autisti guidano sporgendosi fuori dalle auto, il sedere sullo sportello, una mano al volante e la mano libera a raccogliere banconote. Caos e vibrazioni sono incessanti. Scrosciano applausi. Lo spettacolo si conclude e, con nostro grande stupore, senza nessun ferito!!

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Il profumo di anatra mi strappa da quel ricordo ancora così vivido. Meglio rimettersi al lavoro, ci sono ancora un pò di cose che mi aspettano per il grande pranzo di domani. Forse i nostri lettori stranieri non lo sapranno, ma l’Italia è geograficamente divisa tra chi per tradizione fa il cenone la sera della vigilia, solitamente a base di pesce, e chi invece mette tutti gli sforzi nel pranzo del giorno di Natale. In romagna è il pranzo a farla da padrone ed è solitamente l’azdora di casa (nonna o mamma che sia) a preparare tutta la carrellata delle pietanze. Credetemi solo l’elenco basta a rendere pieni, ma è la dura legge del periodo natalizio! Di solito il pranzo prevede almeno un antipasto, quindi l’immancabile cappelletto in brodo, se no non è Natale, un altro primo asciutto, il bollito della pentola che però normalmente viene snobbato a favore di uno o due arrosti sfrigolanti (almeno uno di coniglio), due o tre…mila contorni e per finire i dolci, che necessariamente prevedono il panettone ed almeno un dolce al cucchiaio, dalla zuppa inglese al mascarpone, al latte brulè. Quindi caffè e ammazza caffè, da sorseggiare durante interminabili tombole o partite a carte pomeridiane, nella velata speranza di un qualche tipo di digestione. Fortunatamente a casa mia ci possiamo dividere i compiti in cucina, dato che ormai la nonna non è più in grado di fare certe maratone ai fornelli. Ieri il pomeriggio è stato dedicato alla preparazione dei cappelletti, per cui l’elemento base ed indispensabile del pranzo di Natale è pronto. Il coronamento al re cappelletto sarà un ottimo brodo, con tanto di cappone e lingua di bue, di cui si occuperà comunque l’azdora di casa: nonna Chiara, come del resto dell’insalata russa, da accompagnare al bollito. Per quanto riguarda me, mi sono offerta volontaria per preparare l’arrosto: ho due stupende anatre (di contadino) nel frigorifero e ho inteso rendergli onore.

La preparazione che ho scelto è tipica danese, per mantenere sempre un tocco di internazionalità alla nostra tavola e gratificare anche un pò Sanja. La carne dell’anatra rimane tenera e succosa, perché deve cuocere a lungo e a bassa temperatura nel forno, e la salsa di condimento agrodolce è deliziosa. Si prepara con il fondo di cottura ed il ripieno del volatile, a base di mele e prugne secche, qualche spezia e voilà, una vera goduria. Ovviamente c’è anche un tocco segreto che vi svelerò con la ricetta. Purtroppo non riuscirete a prepararla per Natale, dato che la sto scrivendo adesso, ma è una splendida idea anche per il cenone di capodanno in avvicinamento.

 

 anatra danese

INGREDIENTI per 5-6 persone

2 anatre (2-3kg)

1 litro di sidro di mela

 

4 mele tagliate a dadini

200g di prugne

2 scalogni tagliati a spicchi

2 spicchi d’glio

6 rametti di timo

2 rametti di rosmarino

1 pugno di salvia

sale grosso q.b.

pepe in abbondanza

 

Rimuovere eventuali interiora dalle anatre e sciacquarle sia dall’interno che esterno, poi asciugarla bene con scottex. Preparare una mistura di sale e pepe e cospargere l’anatra sia all’interno che all’esterno.

Unire tutti gli ingredienti del ripieno in una ciotola, comprese le erbe, farcire l’anatra e cucirla con ago da carne. Metterla in forno su una griglia e posizionare sotto una una teglia, dove va versato la metà del sidro (questo consentirà di mantenere una giusta umidità dentro il forno).

Cucinare l’anatra al forno a 120°C per circa 3 ore, a seconda delle dimensioni. Cospargerla con il restante sidro ogni mezz’ora. Come il liquido evapora, aggiungere più sidro nella teglia. Quando ci si avvicina allo scadere del tempo, controllare se l’anatra è cotta. La temperatura perfetta della carne all’interno dovrà essere circa di 80°C – a quella temperatura la carne sarà cotta ma tenera. Una volta raggiunti i 80 gradi, alzare il forno su 225°C e cuocere l’anatra per ulteriori 10 minuti finché la pelle non sarà abbrustolita.

Lasciar riposare per 15 minuti prima di tagliarla.

Utilizzare il fondo di cottura nella teglia per ottenere un’ottima salsa. Basterà eliminare il grasso in eccesso ed aggiungere acqua, due foglie di alloro, una spruzzata di porto o brandy, un cucchiaio marmellata di mirtilli e lasciare restringere sul fuoco.