Viene in mente il filosofo Jean-Luc Nancy, là dove riflette su una «voce in quanto tale» che «non rinvia che a sé»: Ewa Benesz indaga la voce non come “entità semantica”, veicolante parole, ma soprattutto in quanto “entità vocalica”, al di qua e al di là del significato. Ecco quello che ci ha scritto sul suo lavoro a Ca’ Colmello:
«Il canovaccio dell’incontro sono le pratiche vocali scelte dall’antropologia del canto. Il suono è un fenomeno fisico analizzato e descritto dalla scienza. L’attore sperimenta la fisicità del suono. Cerca la fonte della sonorità nel proprio corpo, individua e riconosce il corpo come cassa di risonanza, ritrova gli spazi che vibrano lungo la colonna vertebrale, nel torace, nella gola e nel cranio. Ma il suono è un fenomeno immateriale, unisce l’udibile al non udibile, emerge dal silenzio e scompare, si dissolve. Simile alla luce che appare dalle tenebre e distingue il visibile dall’invisibile, quello che è da quello che non è. Le pratiche vocali provengono in gran parte dalle antiche tradizioni dell’Oriente. Nella cosmologia orientale il mondo è stato creato dal suono e il suono cosmico pervade il tutto. Il canto è tutt’uno col senso dell’udito che percepisce intorno a noi, vicino a noi, lontano da noi, verso l’alto, in tutte le direzioni. L’udito riconosce lo spazio. Mariusz Schneider sostiene che è l’udito il senso più mistico dei cinque e che la forza attiva del canto è la fiducia. Ma non possiamo dimenticare la cosa fondamentale: il respiro è il veicolo della voce, il quale dona al canto un potere particolare. La sonorità del canto è stata catturata nelle cupole e nelle campane dei luoghi di culto e di protezione. Io so dalla mia esperienza che il canto invoca la memoria del corpo. Ringrazio Chiara Tabarroni e Bruno Fronteddu per la possibilità delle esperienze nella loro casa di Ca’ Colmello, la sala ha buona acustica e il centro ha qualcosa di trasparente».
Ewa Benesz
Attrice polacca, laureata in Lettere all’Università di Lublino e diplomata in Arte Drammatica a Varsavia. Ha lavorato nell’Instytut Aktora-Teatr Laboratorium diretto da Jerzy Grotowski in Polonia. Nel ‘70 ha fondato assieme a tre colleghi della Scuola d’Arte Drammatica di Varsavia lo Studio Teatrale. Negli anni ‘75-‘76 ha insegnato all’Università di Lublino Teoria della Cultura e Storia del Teatro Contemporaneo. Dall’ ‘82 al ‘96 ha collaborato con Rena Mirecka nei progetti parateatrali Be here now…Towards, The way to the centre e Now it’s the Flight, realizzati in vari Paesi d’Europa, in America e in Israele. Dal ‘97 conduce le esperienze parateatrali Essere, Verso l’origine, Le pratiche originarie dell’attore e Le pratiche vocali in varie città e luoghi d’Europa. Collabora con l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, l’Università degli Studi di Catania, l’Università Ca’ Foscari di Venezia e con l’Università M.C.Sklodowska di Lublino, in Polonia. Vive in una casa tra le montagne in Sardegna dove sta sviluppando una ricerca pratica ispirata agli antichi testi sanscriti dei Veda.
Chi fosse interessato a questi temi veda almeno il numero monografico di “Culture Teatrali” su Teatri di voce, a cura di Lucia Amara e Piersandra Di Matteo (Bologna, 2010).
Per concludere, Italo Calvino: «C’è una persona viva, gola, torace, sentimenti, che spinge nell’aria questa voce diversa da tutte le altre voci».
MICHELE PASCARELLA
Info: cacolmello.it