Tiberio fu svegliato di colpo. Era scivolato lento nel sonno di una notte romana di dicembre, con la pioggia che aveva voluto per forza rovinare i fiori che abbellivano la scalinata di Trinità dei Monti. Ora era agitato.
Proprio quella pioggia doveva aver reso scivolosi i gradoni di travertino e qualcuno aveva fatto un brutto tonfo. Tiberio vide tutto, gli bastò sporgersi dal suo bel balconcino pieno di piante esotiche e rampicanti. Vide e sentì la figura femminile vestita di nero tentare di rialzarsi senza successo, piangendo per un motivo a lui sconosciuto. Anche Belly, il suo amico pappagallo che sul balcone viveva in una gabbia decò, cominciò a starnazzare.
Tiberio vide il suo padrone, il medico e scrittore svedese Axel Munthe, mettersi rapido la vestaglia per andare fuori a vedere cosa fosse successo. Tiberio era, infatti, un babbuino con qualche problema di alcolismo che Axel aveva curato e portato con sé. Tiberio, il pappagallo, quattro cani e un gufo erano le uniche eccentricità che quell’austero e leale uomo del Nord si concedeva. Oltre alla villa di Capri, certo, il suo sogno diventato realtà. Munthe amava Capri sin da quando la vide da ragazzino; decise presto che quello era il suo posto.
Era diventato un medico famoso, annoverava trai suoi pazienti persino i reali di Svezia. A Parigi aveva provato ad aiutare Guy de Mauppasant, perso nel suo disordine mentale, aumentato dall’abuso di etere e dalla sifilide, con la quale stava infettando tutte le ballerine dell’Opéra.
Si era stabilito a Roma proprio per essere più vicino alla sua villa di Anacapri, la parte alta dell’isola. Anche l’imperatore Tiberio, stanco di morti e congiure, era scappato lassù. Ecco perché aveva dato quel nome da romano antico al suo babbuino. A Roma esercitava nella casa dello sfortunato poeta John Keats che proprio lì era morto di tubercolosi, steso su un giaciglio che dava direttamente sulla fontana della piazza, la Barcaccia. Axel dormiva nella stessa stanza, nel lato Sud c’era invece il suo studiolo con la vetrata che affacciava sul balconcino divenuto un piccolo zoo.
Ogni domenica prendeva la sua carrozza e correva a Lunghezza, in campagna, per curare gratuitamente i contadini poveri. Curava indistintamente uomini e animali. Oggi Axel Munthe è considerato un precursore dei diritti degli animali. Lui, sempre così controllato, a Parigi aveva preso a calci un conte dopo averlo visto bastonare con ferocia il proprio cane.
A Napoli era andato volontario ad assistere i malati durante l’epidemia di vibrione colerico del 1884, rimanendo sconvolto dai disgraziati che scivolavano “come fulminati” verso la terribile morte.
Il dottore scese e portò con sé un ombrello. Raggiunse la signora che cercava di rimettersi a posto l’abito da sera ormai sporco e zuppo. La donna aveva un viso famoso e Munthe la riconobbe subito. Era la divina Eleonora Duse. Si accorse subito che era stata picchiata. Axel la prese sottobraccio e la portò in casa, dove la curò dai graffi e dai lividi. Preparò poi un giaciglio dove poterla ospitare per la notte. La Duse gli raccontò della lite con il suo uomo, Gabriele D’Annunzio. Finiva sempre a botte, prese e date. Lui la minacciava di morte e lei scappava dall’appartamento di via Sistina .
Nonostante la bellezza di Lei, Axel fu un gentiluomo. La mattina dopo la Duse lasciò la casa, non senza un grazie a Tiberio per aver svegliato il suo padrone.
Da quel giorno Axel Munthe diventerà il medico della diva. Per poi, ogni estate, rifugiarsi nella pace di San Michele.
P.S. Axel Munthe, La storia di San Michele, è la straordinaria autobiografia del medico svedese edita da Garzanti.