Domenica 20 luglio 2014
ATELIERSI, Freedom has many forms, <Mons Jovis Le Rocche Malatestiane >, ore 19.00 (1h)
Inizio coi fiocchi: Brian di Nazareth, film del 1979 di Terry Jones. Monty Python sublimi.
Lascaux.
«C’è in me qualcosa più vecchio di me», direbbe Mariangela Gualtieri.
Il documentario del 2010 di Werner Herzog sulla Grotta Chauvet: Cave of Forgotten Dreams.
«I graffiti sono dove non dovrebbe esserci nulla».
Un tavolo zeppo di libri, proiettori, oggetti.
III secolo, graffito irridente nei confronti del Cristianesimo.
Medioevo: pratica diffusa firmarsi con un oggetto che rappresentava la propria professione. Un paio di occhiali per un ottico.
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, film del 1970 diretto da Elio Petri.
«Chi scrive sui muri generalmente non si aspetta una risposta. Manifestarsi è sufficiente».
Benvenuta Greta 14/06/2014 12:55 kg 2,920.
3/6/14 h 18:00 Ginevra ti stiamo aspettando h 21.50 ancora nulla ti fai desiderare!!! h 23.15 allora che hai deciso? le zie sono qui!! 23:55 le zie vanno via ma torniamo! tu esci.
Benvenuto Nicholas 11/06/2014 22:40.
«Durante il Fascismo, scritte in colore nero realizzate dal potere costituito: credere, obbedire, combattere».
2012, Angelo Mai, Roma: capire, sapere, pensare.
Tassonomia delle scritte sui muri. Per epoca, per tipologia.
Una lezione ricca, interessante e viva.
Essere apertamente, onestamente didattici.
Un modo chiaro, colto e stimolante di parlare di sé e del proprio lavoro.
Entra il mondo, escono gli ombelichi. Evviva! Evviva!
FABRIZIO FAVALE LE SUPPLICI, Alberi, <Hangar Bornaccino>, ore 21.00 (1h)
Uomo in mutande, bendato.
Rumore lungo, movimenti lenti del braccio destro.
Entrano tre vestiti di nero, uno ha tamburo, due han piatti. Suono a onde.
Assolo di Favale nel silenzio. Linee oblique, piroette, pantaloni neri lucidi, slanci delle gambe, braccia flessuose, schiena arcuata.
Duetto con tovagliette di pizzo marrone in testa: prima scuoterle davanti a sé, poi coprirsi e danzare, uno di fronte all’altro.
Qualità di movimento simile: Isadora e Les Isadorables.
Favale con pellicciotto marrone e costume di juta. Corna di rami. Un altro con scopa, stivali corna e pellicciotto bianchi. Cadono e si rialzano, più volte.
Ritmi con tamburi e piatti.
Van via tutti.
Favale con gonna lunga, campanacci al collo, zoccoloni di legno, cappello nero di lana sugli occhi, scialletto marrone sulle spalle. Piccoli passi, salti.
Entrano due coperti di foglie, con un bastone in mano.
La musica cresce.
Fine.
CRISTINA RIZZO, NO TENGO DINERO, <Hangar Bornaccino>, ore 23.00 (1h 10’)
Spazio molto bianco.
Cristina Rizzo è un piccolo pieno dentro a un grande vuoto. Raddensa l’aria attorno a sé.
Un cerchio arancione fosforescente attorno al collo. E uno verde.
Testare gli appoggi, la solidità del suolo.
Vocalizzi, risatine, gemiti, ghigni.
Buio. I cerchi scintillano.
La luce si riaccende su pose ginniche di Paola Stella Minni.
CR con fascia argentata da danza del ventre e top a righe si mette il rossetto.
PSM al microfono: «I will be back in one minute, maybe two». Poi fa un giro e un ponte.
Smontare la forma-spettacolo da dentro, per accumulo, per eccesso di segni. Di senso.
CR, una specie di piccola danza del ventre, figura sperduta e esitante.
PSM al microfono, monologo balenante in inglese, francese, spagnolo, italiano, portoghese. Nessun discorso è portato a termine. Si alza il volume della musica, lei continua a parlare, non si sente più quel che dice. CR in fondo è bendata, smaccatamente erotica.
PSM, un piccolo canto difonico, sospeso.
Su una musica hawaiana, monologo surreale di CR, zeppo di sguaiati occhiolini ammiccanti al pubblico. Fa riderissimo.
PSM canta Amami Alfredo e altre arie, mentre CR ha l’orecchio appoggiato a una grande conchiglia.
Una scatenata danza su musica rap. Più volte sbattono sul muro in fondo, cadono a terra, la musica continua. Ricominciano.
«The difference between dance and choreography» e «Credo che il teatro facile sia un teatro borghese, e che il teatro difficile sia un teatro per le élites borghesi».
Alla fine, nel buio, mentre svuotano la scena da tavolo, asta del microfono e oggetti vari: «Have you ever been to the zoo, Cristina?» e «Cristina, tu ce l’hai il compasso?».
Luce.
Dopo una miriade di segni, lo spazio è pienamente vuoto.
La forza e la grazia di CR.
Davvero un gran finale, per questo Festival.
MICHELE PASCARELLA