M. Ward, ovvero – ancora una volta – della sostenibile leggerezza del genio. In America non è famoso come Gesù, ma già da anni ha l’aura del santo subito. Qua da noi l’aura non c’è, siamo un po’ più sulla nicchia, ma la statura è comunque chiara. È uno dei pochi artisti di quella generazione ad essere riuscito a parlare a un pubblico più ampio dei soliti quattro gatti, senza svendersi. Già lo si capiva, da quei primi dischi, da quel modo di danzare sbilenco su figure aperte, come di un John Fahey innamorato del pop. Quella maniera di mischiare lo zucchero della melodia con la ruggine delle corde vecchie, di carezzare con quel poco di unghie lunghe, che a volte possa sembrare quasi un gentile graffio. Il dono della semplicità, e la statura per suonare classici senza sfiorare mai neppure per sbaglio la banalità. Ad ogni modo: qui in Italia ce lo filiamo in tre o quattro, alla fine, e infatti non passa mai. Forse un paio di volte con Norah Jones, che lui è tipo da fan very importanti. Di certo una volta a Strade Blu, a Faenza, al Museo Zauli, forse sette o otto anni fa, quando venne senza strumenti e suonò con tutte le mie chitarre. Benissimo. E al ritorno, verso Bologna, si copiò sul Mac tutti i miei dischi di Jerry Garcia con l’acousting band. Poi lo accompagnai in hotel a Bologna, trovando anche il tempo di scavalcare un cancello per capire cosa avesse lanciato là dentro un uomo inseguito dalla Polizia. Non trovammo nulla ma ridemmo molto. Da allora ci siamo rivisti una volta sola. A Bilbao, un paio d’anni fa, a un festival, nel contesto surreale di un camerino dei Lynyrd Skynyrd. Il suo set fu strepitoso. Rivederlo al mare è tassativo. Quest’uomo ha le chiavi di zone molto intime del sentire. (antonio gramentieri)
30 giugno, Marina di Ravenna, Hana-Bi, viale della Pace 452, ore 21,30. Info: 333 2097141, bronsonproduzioni.com