I David di Donatello 2014 ci hanno consegnato una grande, tremenda, verità. Anzi: diverse tremende verità.
La prima: in Italia non siamo in grado di fare una cerimonia di premiazione che non diventi immediatamente una sagra del friggione: presentatori inetti, battute a raglio, “Coraggio che fra un po’ è finita”, facce contrite, inquadrature alla Renè Ferretti e gli stranieri che ovviamente ci snobbano come se avessimo la peste, la lebbra e il lupus in contemporanea. La diretta è stata una finestra aperta su tutto quello che non deve essere fatto: gli ospiti seduti su seggioline da sala conferenza di quart’ordine, gente inquadrata senza motivo, il presentatore che non riusciva a leggere il gobbo e andava a spanne, battute prese dagli scarti di Kakkientruppen e una sequenza di luoghi comuni da far venire la pelle d’oca anche agli orsi polari (il cinema italiano non è morto, il cinema italiano è vivo, ci vuole coraggio, lo dedico a mia moglie e alle mie tre figlie, con lui ho sempre lavorato bene…).
La seconda: il cinema italiano è alla canna del gas. E la bombola è bella piena. E la valvola è spalancata. Uno clicca qui (fatelo dopo) e si accorge che su 20 premi: 7 sono stati assegnati a Il Capitale Umano, 9 a La Grande Bellezza, 2 a La Mafia Uccide Solo d’Estate e 2 a Song’e Napule. I conti si fanno in fretta: 20 premi 4 film. Questo è un “cinema” in salute? È un cinema in salute quello che non trova di meglio che mettere in cinquina il disastroso La Sedia Della Felicità (con tutto il bene che si può, e si deve, volere a Mazzacurati il suo ultimo film è molto poco)? È un cinema in salute un cinema che consegna 16 premi su 20 a 2 soli film?
La terza: il cinema italiano è un piccolo consorzio di adepti. Guardando la serata tutti si conoscevano, c’erano attori che hanno lavorato nello stesso anno in due o tre film in gara, gli sceneggiatori sono sempre quei tre o quattro che si palleggiano le tre serie tv, i cinque o sei film annui. Il discorso di Virzì si è concluso con “e adesso tutti a festeggiare assieme” come una grande famiglia. Io so’ io e voi nun siete un cazzo. Al plurale. E chi osa suonare fuori dal coro manco lo considerano: benvenuto al nuovo arrivato, che già sta lavorando come un pazzo fra pubblicità, San Remi, tv e compagnia ambulante… altro che Bildelberg.
La quarta: in Italia non abbiamo la più pallida idea di cosa siano gli effetti speciali. Altrimenti almeno quel premio sarebbe andato altrove. Non so dove, ma non alla Grande Bellezza.
La quinta: in Italia il miglior film straniero è Grand Budapest Hotel. Quello Europeo è Philomena.
La sesta: la botta di vita è l’ingresso di Sophia Loren.
La settima: anche se sei Paolo Sorrentino devi uscirtene con la frase più imbarazzante e demenziale di tutte: “saluto i veri grandi registi presenti in sala”…e via con il listino delle cariatidi. A Sorrenti’…
La ottava: i grandi, quelli veri, ce li ricordiamo sempre dopo morti: questa volta è toccato a Riz Ortolani. E nessuno che si sia preso la briga di citare Cannibal Holocaust, che è fra i suoi primi tre enormi capolavori. Eh…ma forse è proprio per quello, per aver partecipato spesso e volentieri ad un cinema non d’elite, che ha dovuto aspettare di morire per essere ricordato.
La nona: il cinema italiano ha due anime: quella fighetta, quella che “se non vai al festival” e quella sommersa, quella che “se vai al festival”.
La decima: Battiston Giuseppe aveva sul bavero della giacca la spillina di Zoran – il mio nipote scemo. La miglior consacrazione per uno dei cinque film italiani dell’anno. Con una colonna coraggiosa e una storia minuscola ma ben raccontata.
Sia ben chiaro: non ce l’ho con il Capitale Umano, che è indubbiamente un ottimo film, o con la Grande Bellezza, che ha tanti strati quanto un Montblanc. E non ce l’ho con Virzi, con Sorrentino o con Pif (che però, dai, ha girato un filmetto simpatico e di facile appeal, mica sto capolavoro dell’umanità). Il mio è un ragionamento sul sistema: che non funziona o, per lo meno, non può funzionare così perché non ha assolutamente il polso della situazione e del mercato. Perché in sala mancavano i primi quattro della classifica dei maggiori incassi della stagione e il primo fra i premiati (Philomena!) è al 25° posto della classifica. Non vorrà dire nulla ma qualcosa si.