Dopo l’entusiasmo con cui il pubblico ravennate ha accolto The History Boys nel 2012 il Teatro dell’Elfo torna alla Stagione di Prosa del teatro Alighieri dal 20 al 23 marzo con La discesa di Orfeo.
Elio De Capitani ha scelto il teatro Alighieri per riallestire la sua terza regia di Tennessee Williams e riallacciato il filo di un lavoro iniziato diciannove anni fa – quando Mariangela Melato e il teatro Stabile di Genova lo chiamarono a dirigere Un tram che si chiama desiderio – e ripreso nel 2011 con Improvvisamente l’estate scorsa. Williams è l’autore più rappresentativo del teatro americano, una voce disillusa che per prima ha portato sulla scena le debolezze del sogno di libertà del nuovo mondo.
Opera mai vista nei teatri italiani, La discesa di Orfeo è stata riletta dal Teatro dell’Elfo con gli occhi e con i corpi di chi ha assorbito dentro di sé il teatro e il cinema per rendere in scena la tragica tenerezza e il furore esistenziale di cui si nutre il testo.
La discesa di Orfeo è il capolavoro del grande drammaturgo americano noto in Italia come Pelle di serpente, dal titolo attribuito sui nostri schermi al film di Sidney Lumet, con Anna Magnani e Marlon Brando. Lo sfondo è l’America in crisi degli anni Trenta, alle prese con il proprio sogno infranto di modernità e ricchezza: la storia è infatti ambientata nel profondo sud degli Usa, dove i protagonisti conducono vite squallide e monotone tiranneggiate dalla cricca di Jabe Torrance, spietato signorotto locale. Sua prima vittima è la moglie, Lady, donna dalla bellezza ormai quasi sfiorita e che conduce un’esistenza di rancori sopiti contro il marito, sposato solo per convenienza. A spazzare via la stasi arriva un giovane forestiero, Val, che diviene immediato oggetto di desiderio delle donne della comunità. A cominciare da Carol, una spregiudicata amante della vita notturna. Val le preferisce l’infelice e rabbiosa vitalità repressa di Lady, che lo assume come commesso nel suo negozio all’insaputa del marito. La comunità locale, formata da maschi bianchi gretti e razzistoidi, reagisce con durezza, e quando Lady scopre che il marito è coinvolto nell’omicidio di suo padre, cerca di usare Val per vendicarsi. C’è tutta l’America della mescolanza di sangue. Gli Stati del Sud con i loro schiavi, i loro campi immensi, le loro guerre perdute, il loro razzismo, gli uomini e le donne che si salvano e si distruggono a vicenda, i luoghi da dove è impossibile la fuga perché sono i luoghi del destino. Si sente il contrasto tra una piccola comunità che si dà convegno nel ‘drugstore’ e la grande città con le sue libertà irraggiungibili. L’alcool in America è sete di libertà, sosteneva Pavese: basta che arrivi uno straniero che i sentimenti si infiammino.
La discesa di Orfeo riconferma l’attualità dello sguardo acuto e disincantato di Williams, considerato uno dei principali e più influenti commediografi americani del ‘900 (insignito della prestigiosa onorificenza della ”Medaglia presidenziale della libertà” dal presidente Jimmy Carter nel 1980): con un linguaggio altamente espressivo traccia un complesso profilo psicologico dei personaggi, fornendo numerose informazioni anche in pochissime battute, e che creando una forte tensione drammatica ci permette di comprendere la lacerante complessità della società americana.
Elio De Capitani con lo scenografo Carlo Sala ha immaginato uno spazio industriale, una sala prove di un’indefinita periferia urbana: è qui che la compagnia arriva per provare il testo di Williams. Muri grigi e spogli, grate di ferro che lasciano filtrare le luci della città, creando chiaroscuri che aprono squarci visionari in questo paesaggio crudamente realistico. Un luogo che non descrive gli ambienti del testo, ma permette la libertà di “citarli”, anche con la lettura esplicita delle didascalie d’autore.
Gli interpreti, tutti sempre in scena, di volta in volta escono dal proprio personaggio per farsi “voci fuori campo” che letteralmente dicono le azioni e le intenzioni degli altri personaggi, li illuminano con potenti lampade manovrate a mano, quasi a volere mettere in luce le emozioni più nascoste, incitandoli in un gioco di specchi e spaesamenti che lascia emergere le loro psicologie dense e sfaccettate.
Una compagnia guidata da Cristina Crippa nel ruolo di Lady, “emblema di una carnalità indomita, rabbiosa”, che tenta di sconfiggere la morte con l’impresa disperata reinventarsi una vita. Protagonisti accanto a lei Edoardo Ribatto, che offre a Val un carattere brutale, mitigato da una dolcezza quasi femminile e Elena Russo Arman, “bravissima nel tratteggiare la fragile Carol”. Luca Toracca è un livido e infernale Jabe, Corinna Agustoni una Vee Talbott persa tra estasi e desiderio. Completano Federico Vanni, il truce sceriffo, Cristian Giammarini e Sara Borsarelli (già applauditi in Angels in America, nel Racconto d’inverno e in Improvvisamente l’estate scorsa), Debora Zuin e i giovanissimi Carolina Cametti e Marco Bonadei (premio Ubu under 30 per The History boys).
Gli attori della compagnia e il regista Elio De Capitani incontreranno il pubblico sabato 22 marzo alle 18 alla sala Corelli del teatro Alighieri, l’incontro sarà coordinato dal direttore artistico della Stagione di Prosa Marco Martinelli.
Info: Teatro Alighieri, via Mariani 2 Ravenna, tel. 0544 249244/55, ravennateatro.com/prosa