Abbiamo iniziato ieri con Chiara Guidi: prima le signore.
Oggi riportiamo quel che ci ha comunicato, comprensibilmente soddisfatto, l’Ufficio stampa del Teatro delle Albe – Ravenna Teatro:
«Un anno da ricordare per il Teatro delle Albe-Ravenna Teatro: dopo il premio Duse a Ermanna Montanari, Marco Martinelli vince il premio Ubu 2013 come “Migliore novità italiana (o ricerca drammaturgica)” per Pantani. Altre due le nomination per lo spettacolo sulla vita del ciclista di Cesenatico: “miglior regia”, sempre a Martinelli, e “miglior attore non protagonista” a Luigi Dadina per l’interpretazione di Paolo Pantani, padre del campione.
Lunedì 9 dicembre al Piccolo Teatro Grassi di Milano Marco Martinelli ha ricevuto il quattordicesimo premio Ubu nel ricchissimo palmarès del Teatro delle Albe, il quarto personale, dopo quelli per “la drammaturgia sui classici” (1997), alla “miglior regia” (2007), a Eresia della felicità (2012). Gli “oscar” del teatro italiano ideati da Franco Quadri, sono promossi dalla Associazione Ubu per Franco Quadri, che si propone di dare continuità alle linee guida del grande critico e editore teatrale. I Premi Ubu sono il più ambìto riconoscimento del teatro italiano. La giuria, composta da 56 critici del panorama teatrale nazionale, ha valutato circa 800 spettacoli prodotti in Italia tra il 1 luglio 2012 e il 30 giugno 2013».
A proposito di critici: esattamente un anno fa (era l’11 dicembre 2012), abbiamo pubblicato una breve recensione di Pantani.
Ve la riproponiamo oggi: è il nostro modo di unirci ai festeggiamenti.
Pantani, fantasma mozartiano
Tre ore e mezzo di spettacolo «ma alla prima lettura durava quattro ore e un quarto, e senza intervallo!», per l’accorato racconto dell’ascesa e del declino dello “scalatore che veniva dal mare”, Marco Pantani. Il ciclista di Cesenatico è il grande assente in scena: continuamente evocato, nessuno lo interpreta, solo ogni tanto appare in video, in filmati d’archivio originali.
L’ultimo, atteso spettacolo del Teatro delle Albe di Ravenna ricorda il Don Giovanni di W.A. Mozart, opera del 1787 composta su libretto di Lorenzo Da Ponte. Lo ricorda per molti motivi. Qui, per ragioni di spazio, ne citiamo solo due. Primo: il soggetto del defunto che torna dall’aldilà a vendicare l’onta subita, forse una delle possibili intenzioni anche di questo lavoro di Martinelli e compagni. Secondo: all’epoca, i contorni dei personaggi principali si delineavano attraverso le arie che ciascuno eseguiva (i monologhi dei protagonisti, diremmo oggi); al contrario, la personalità di Don Giovanni (qui: di Pantani) assume rilievo assoluto, quasi eroico nel suo accanimento, tratteggiandosi per contrasto, in una specie di “ritratto indiretto”, grazie ai dialoghi degli altri personaggi che parlano sempre di lui.
Questa «veglia funebre», nell’esplicito intento di chiarire, denunciare e fare giustizia ha il merito di essere propriamente didascalica (parola che contiene in sé sia insegnamento che teatro!), nel senso incarnato da Brecht quando, componendo nel 1929-32 i suoi drammi didattici, si propone di trasformare, e non solo di raccontare, la realtà.
Vale per questo Pantani quel che Ennio Flaiano scrive nel dicembre ’63 nella sua rubrica di critica teatrale su L’Europeo: «Tutti infine hanno avuto grandi applausi. Pubblico attentissimo. Com’è confortante accorgersi che non si chiede al teatro ciò che la vita di tutti i giorni ci dà in abbondanza, sopraffazione del gusto, stupidaggine e pornografia». Perfetto, Flaiano, anche in questo caso.
MICHELE PASCARELLA
http://www.teatrodellealbe.com/