Mascheroni giganteschi che fan pensare al Bread and Puppet Theater di Peter Schumann. Attori instancabili che saltano, sollevano, lanciano oggetti e voci. Che fan corse e giravolte. E poi musica, fumo rosso, fuoco che gira e fuoco che si sputa.
Tre badanti slave stanno sedute su una panchina vicino a tre anziani in sedia a rotelle, uno di fianco all’altro, ciascuno con la propria coperta sulle ginocchia: giallina, azzurrina, verdina.
Un’attrice con la faccia bianca e fucsia indossa una gonnellona un po’ trasparente, altri hanno segni marroni e neri dipinti attorno agli occhi.
Un bambino in prima fila piange, gli angoli della bocca in giù come una U rovesciata, dice «Voglio andare a casa», la mamma gli asciuga le guance e continua a guardare lo spettacolo, risucchiata.
Gli attori si mettono i trampoli, poi se li tolgono, fan danze e stop in sincrono, echi di Eugenio Barba e del suo mitico Odin Teatret. Uno sputa in un secchio, un altro salta su una cassa di legno, i colli delle maschere si allungano e si accorciano. Quante cose fanno, gli attori.
Alla fine arriva il draaago e davanti ai nostri occhi si costruisce Don Chisciotte col suo Ronzinante di trampoli e legno. Combatte il draaago, e come è giusto lo vince. Per la gioia dei bambini e la consolazione dei grandi.
MICHELE PASCARELLA
30 settembre, Teatro dei Venti, Il draaago, Festival Trasparenze, Modena – http://www.teatrodeiventi.it/