All’improvviso, nel pogo generale, mi trovo davanti un viso estatico e calmo, i capelli bianchi legati con un codino vintage, il pizzetto ingrigito tagliato all’aerodinamica. Franck Blackaka Black Francis, aka Charles Michael Kittridge Thompson IV, urla (proprio ora, proprio in quell’istante) “a 3 day party , I break the walls and kill us all, with holy fingers, gouge away” e mi passa l’idea di uccidere quest’essere che, forse, è il mio spirito- guida.
Poi metto a fuoco, mi tolgo il sudore dalla fronte causato dalla mia recrudescenza tardo-adolescenziale, riconosco così, nel sagomato di fronte, il mio vecchio amico Luca, detto appunto (perché era grigio anche a 20 anni) il Lupo.
Anche lui è sudato e sta insegnando il pogo alla carbonara ad un gruppo di milanesi timidi, troppo giovani e vagamente emo che, poverini, pensavano di farla franca. Non sapevano, gli stolti, che gente come me e il Lupo aspettava di pogare con i Pixies da due decenni almeno. (Personalmente ne ho pagato le conseguenze il giorno dopo, costretto a vedere la mostra su Pollock e l’astrattismo americano passando da un divano all’altro).
Senza parlarci ci passa in testa il ricordo di quando, chiusi nella mia prima auto – una fiat panda verde pisello passatami da mia sorella- fummo affiancati da una volante dei carabinieri, in una piazza buia del nostro bel paesino dei castelli romani.
Eravamo in quattro, ascoltavamo Doolittle per la centesima volta e per la centesima volta ci stavamo dicendo che quello era il disco più importante, più tosto, più “noi” che ci fosse. C’era quella canzone, poi, che era diventata la canzone di tutti i nostri giovani amori non corrisposti. Il brano era Hey e quando ci si innamorava era sempre perché “must be a devil between us” o perchè “We’re chained”.
Debaser, invece , sapeva di colto e malato, con le citazioni di Bunuel di un Un chien andalou con le pupille tagliate. Girava voce che dal vivo eseguissero una versione noise della canzone della donna-mostro del film Eraserhead dell’amato David Lynch.
Insomma era il mio/nostro gruppo preferito. Ce lo tenevamo per noi e per le nostre prime canne nella panda. Che i Pixies fossero, come dicono quelli bravi , una band seminale, ce lo confermarono anni dopo i gruppi che dalle loro ceneri presero le mosse. Mi ricordo Cristiano Godano dei Marlene Kuntz, all’uscita di Catartica citare i Pixies e i Sonic Youth. Mi ricordo soprattutto Kurt Cobain, in un’intervista, fare una sfilza di nomi: Germs, Butthole Surfers, REM, per poi soffermarsi tre secondi di più sui Pixies. Che dire del maestro Bowie, che defini Black Francis uno con la voce di un neonato, gigante impazzito e il grande Joey Santiago “the most underrated guitar palyer in the world”?
Insomma, per me e il Lupo pogare con pezzi come Ed is dead, Tame ,Wave of mutilation, Bone machine, Nimrod’son, Crackity jones era prendere indietro un conto in sospeso con le nostre nostalgie.
Aleggiava, sull’Alcatraz di Milano, il rischio serio di rimanere delusi. Invece è andata di lusso. La nuova bassista è , di certo, più tonica della ormai spenta Kim Deal (eppure l’amavo, tanto) che ha preferito aggirarsi come un fantasma con la gemella e i suoi Breeders. In piu, la nuova ha belle gambe e si chiama Kim pure lei. Joey Santiago è sempre lui ed ora sa scegliere camicie piu decenti. David Lovering ha probabilmente finito i soldi che fa con degli strani quadri neoimpressionisti ed è tornato ad essere la furia di un tempo. E poi c’è lui, Francis. I Pixies, ora possiamo dirlo, sono il suo gruppo (per chi ha ancora dubbi cerchi le registrazioni dei pezzi di Come on pilgrim fatte da solo con la chitarra acustica, ben prima di trovare gli altri). Ci sembra, a me e al Lupo, persino dimagrito (un po’, solo un po’). I pezzi nuovi non fanno del tutto schifo e la chiusura con Where is my mind mi fa pensare: “santo subito Fight Club che ha portato la loro musica fino al sold out di stasera”!
A questo punto io e il Lupo ci siamo salutati con un bacio sudaticcio. “Come andò a finire con i carabinieri, quella volta” gli chiedo. Lui, quasi lucido, risponde: “ Non ti ricordi? Uno dei carabinieri era mio zio! La solita romanzina sui pericoli degli spinelli come anticamera dell’eroina, poi tutti a casa”.
ANDREA SILVESTRI
Visto il 4 novembre all’Alcatraz, Milano