Spacca che ti passa

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2Tigna. C’ho la tigna… la coltivo da anni. Appena sento che sto per rilassarmi ho una cartucciera di argomenti che uso per alimentare la mia incazzatura perenne. Nemmeno le estati più torride riescono a sciogliere questo mio iceberg di tigna. Sono io che possiedo la tigna o è la tigna che possiede me? Più probabile la seconda che ho detto. C’ho il sistema nervoso!

Ecco perché venero un semidio celtico pazzo e felice, si chiama Tempesta Ormonale e risiede in un umano che risponde al nome di Stefano Chiodaroli, l’irascibile Chiodo. Il solo guardarlo in TV è per me liberatorio, irascibile, furioso, si butta per terra e si rompe le ossa ma si rialza ridendo, si incazza liberamente e non manda a dire le cose. Questione di stile. Il mio stile purtroppo è contenuto, compresso, represso. Chi meglio di me in redazione poteva aspirare ad accedere alla Camera della Rabbia?

Parcheggio accanto ad una macchina uguale a quella di mia mamma, ruggine compresa, una Fiat Panda Rossa dell’82. Cerchioni originali. Magari posso partire da quella.

Prima di dedicarmi allo sfascio faccio due chiacchiere con Cristian, il titolare, dopotutto sono qui per scrivere un pezzo. È il primo in Italia ad aver aperto una Camera della Rabbia (Rage Room in America, Perché no? si è detto lui), ha depositato il marchio, è pronto per lanciare il franchising e ricreare altrove una camera (doppia) come la sua che è in un capannone a Vecchiazzano (Forlì). C’è voluto molto a farla accettare alla burocrazia italiana? No. Meno di un anno fa ha avuto l’idea e nell’arco di sei mesi ha aperto. Perché no? gli ha risposto il funzionario che ha seguito le pratiche. Nei video online si vede che la sua opera è molto più curata e sicura di quelle estere. Non ha dovuto investire un centesimo in comunicazione, è bastato un articolo su un giornale locale e l’hanno cercato tutte le trasmissioni radio e TV più seguite. Alla faccia del marketing e con buona pace di Kotler.

Con 35 euro hai un’ora per rompere tutto quello che vuoi, entri ed esci quante volte vuoi, c’è anche la bibita in omaggio alla fine e il DVD con la tua prestazione. Vengono da tutta Italia, gente di ogni età. Tante ragazze. Chiedono cose strane? Uno ha chiesto di ricreare un bagno (esplodono bene i sanitari), uno ha chiesto una grande torta di compleanno di legno da sfasciare (non c’era la donnina nuda dentro per fortuna). Cosa va di più? Il vetro perché fa rumore e dà soddisfazione.

Ok basta, è ora di prepararsi ed entrare. Dalla giacca con cravatta passo ad una tenuta tipo Arancia Meccanica rivisitata in chiave Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro. Scarpe anti infortunistica, guanti, tuta (opzionale), gomitiere, ginocchiere, copri collo, casco, visiera… mi sento Robocop, Ivan Drago, ti spiezzo in due, sono Armageddon signore del vulcano!

Che musica vuoi? Proviamo con generi diversi così scopriamo se c’è interazione. Ho visto un video di una ragazza spaccatutto che ascoltava metal… faceva paura (ma le tette che ballavano quando dava le mazzate non erano male). Anche quello che ascoltava Mozart metteva una certa inquietudine. Ok prima con un brano di classica, La goccia di Chopin, monotono, ripetitivo, un po’ spaccamaroni. Ma sono calmo, troppo calmo.

Provo poi con i Mumford & Sons che di solito la notte quando guido mi danno la carica. Babel. Ma va là. Niente.

Adesso che servirebbe, tutta la mia rabbia, dov’è? Forse era meglio il metal. Sono rilassatissimo. Avrei dovuto prendere tre caffè prima di venire qui,  magari anche 4 polli fritti e una coca. Il primo round in realtà mi serve per prendere confidenza. Ho comunque una recondita paura di farmi male, c’è ancora imbarazzo nel rompere, spaccare, fracassare oggetti quotidiani. Riconosco che il vetro da soddisfazione, dopo un attimo di titubanza scelgo e spacco la prima bottiglia, poi la seconda. Una tazzina di un servizio del Conad che ho sempre odiato cerca di sfuggirmi, ma con precisione e pignoleria la inseguo sul pavimento e la mando in frantumi. Lei e il piattino. È con il cambio di mazza che cambia la consapevolezza. Lascio la mazza da baseball e impugno una mazza di ferro con un martello saldato in cima. Due o tre svettole sul piano del tavolino. Vedo il danno, il martello si pianta nel legno e lascia un buco, al terzo colpo si sbranca. Fanculo l’imbarazzo adesso ti faccio vedere io chi spacca tutto. Ci prendo gusto a vedere l’interno di cartone dei mobili.

Penso a tutti i miei argomenti, crash una bottiglia, alle scelte sbagliate, doppio crash due bottiglie, a quel vecchio capo che non capiva un cazzo, spatapem il mobiletto scolapiatti cade sotto la mazza pesante 3 kg e mezzo, la più grossa. Prendo su da terra le ante e le posiziono in modo da poterle spaccare meglio.

Inizio a sovrapporre nomi e volti agli oggetti.

Te, sì te, proprio te biondino tinto, e tu con la camicia costosa aperta sul petto sempre abbronzato, quello con l’enorme Rolex dorato e quell’altro con la bambola gonfiabile al fianco. Tu che arrivi sempre in ritardo, ma anche tu che mi hai sempre trattato di merda, e tu che non saluti mai e te la tiri come fossi dio in terra. Tu persona falsa. E me stesso che continuo a fare gli stessi errori da anni. Forse non dovrei. Vedo con la coda dell’occhio uno specchio. Ah no, lo specchio no che porta sfiga! Eppure poi scopro che molti lo chiedono apposta. Ma io non riesco, e poi mi ci vedo. No, lo specchio non lo rompo.

Spacco altre cose, do mazzate anche a caso, la musica non la sento neanche più. Mi dedico ad una finestra. Il vetro si rompe subito ma l’infisso è tostissimo. La mazza rimbalza. Lo giro e lo rigiro e alla fine trovo il modo di sfasciare anche quello. Liberatorio.

Sono stanco, non riesco ad utilizzare tutta l’ora. Potenzialmente ho ancora tanta rabbia da scaricare ma non ho più forza pur sentendo una bella adrenalina in circolo. Non ho il fisico insomma. In genere alla fine dell’ora sono tutti esausti, divertiti e sorridenti.

Probabilmente è vero che andare nella Camera della Rabbia ogni 15/20 giorni può aiutare ad alzare l’asticella della soglia di sopportazione, come ha detto uno psicologo, così come andare a fare un urlo in aperta campagna. Accumulare rabbia e collera non fa sicuramente bene e bisogna trovare il modo di gestirla se non si vuole finire a girare Un giorno di ordinaria follia. Al tempo stesso non credo che per chi ha problemi di gestione della rabbia vada bene questa pratica.

Riguardando il filmato mi accorgo che non mi sono lasciato andare molto. Mi sono dimenticato di tirare qualche piatto contro il muro. Avrei potuto rompere più roba. Avrei potuto usare più forza. Avrei potuto usare anche le mani. L’interesse scientifico mi ha impedito di mollare del tutto i freni. Errore madornale. Consiglio a chi prova la Camera della Rabbia di lasciare da parte curiosità e autoanalisi dedicandosi interamente e puramente allo sfascio. E d’un tratto capii che il pensare è per gli stupidi, mentre i cervelluti si affidano all’ispirazione, e a quello che il buon Bog manda loro. Io ci torno presto e la prossima volta lo giuro: spacco tutto!

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hilà, io sono Alessandro Ancarani. Trascorro quasi tutto il mio tempo libero aspettando che il resto della Redazione si decida a consegnarmi i pezzi da titolare e impaginare sulle nostre amate Orbite Culturali. Mentre attendo, conduco una vita parallela in stile «Sogni mostruosamente proibiti» a base di fotomontaggi. Reprimo una non meglio indagata passione per borsette e scarpe da donna. Adoro le moto e chi è capace di dargli del gas.