Dopo aver rappresentato con successo un testo originale di Andrea Bajani, 18 mila giorni – Il pitone, Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa tornano a raccontare una storia italiana e si cimentano nella riproposizione di Italy, un poema scritto da Pascoli nel 1904, composto da due canti per un totale di 450 versi. Ispirato ad una vicenda realmente accaduta ad un amico del Poeta, ha come sottotitolo Sacro all’ Italia raminga, e narra le vicende di una famiglia di emigranti. Protagoniste della vicenda sono una bimba (Molly/Maria) nata oltreoceano (in America) e portata in Italia, a Caprona, nella Lucchesia, dagli zii per curare la tisi, e sua nonna che la accudisce.
Come spiega Battiston nel prologo alla recitazione dei canti, al di là del riferimento ad una storia vera, il Poeta vuole rappresentare la tragedia di una nazione, giovane nel suo tratto unitario, che costringe una parte significativa della propria gente, per indigenza, ad affrontare il dramma della migrazione. L’attore in scena, a meglio rappresentare l’imponenza di tale esodo, cita i numeri dei migranti italiani pari a circa 14 milioni in un secolo, un numero quasi equivalente all’ammontare della popolazione che vi era al momento dell’Unità d’Italia (23 milioni nel primo censimento italiano). Un’altra Italia in giro per il mondo.
Dopo un’introduzione musicale (Merica Merica, canto popolare veneto del secondo Ottocento) e la prolusione storica sull’esodo italiano antecedente alla Grande Guerra, con citazione anche del discorso che il Poeta tenne a favore dei feriti della guerra di Libia, “La grande Proletaria si è mossa”, Battiston si avvia alla declamazione del poema con le strofe dei canti che si alternano alla musica ed alle parole di Gianmaria Testa che così accompagna con testi propri queste storie di migranti che tornano, rinnegati dalla nuova Patria che non li riconosce ed estranei alla loro di Patria, l’Italia, che più non li comprende.
Il duo di artisti funziona anche se in parte a scapito della forza dei versi del poema che nelle interruzioni musicali perdono un pò della loro potenza lirica. Il messaggio resta comunque forte e coinvolgente per gli spettatori che in un silenzio pieno di emozione assistono al dramma di italiani che la propria Patria ha rifiutato come una madre che provvede alla cura solo di alcuni dei figli lasciando gli altri al proprio destino.
Immediato e inevitabile è poi il confronto con quanto accade ai giorni nostri sulle coste del sud Italia. E Battiston non si nega a questo confronto, precisando comunque che il loro progetto non è nato un mese fa ma due anni prima degli eventi di Lampedusa. Questo a voler forse affermare un’esigenza indipendente dalle emozioni contingenti. L’attore racconta agli spettatori, infatti, come nella ricerca del materiale Pascoliano si è imbattuto in una serie di fotografie ed in modo particolare in una foto di un barcone carico all’inverosimile. Di italiani. E ci tiene ad affermare che l’analogia con i tempi che viviamo, con la nostra Storia contemporanea, che sarà “futura Storia e Memoria” è il motivo per cui ha scelto di proporre questo poema. “Vorrei che l’Italia, gli italiani avessero rispetto per la propria Memoria e ne facessero un patrimonio”.
Il calore del pubblico alla fine dello spettacolo è vero e intenso ed ancor di più si libera in un emozione prima di religioso silenzio e poi di scroscianti applausi che non vogliono aver termine al bis dei due artisti, la celebre Dieci agosto musicata da Testa e proposta in un canto a due voci, vero colpo di coda dello spettacolo che riesce a combinare le due arti, musica e oratoria, come fosse unica immagine da sempre.
ALDO ZOPPO E DARIO ZANUSO
Italy – Sacro all’Italia raminga (da Giovanni Pascoli), regia di Giuseppe Battiston
Visto il 25 ottobre al Teatro Rossini di Lugo