Lorenzo Monguzzi, voce e chitarra, butta lì una canzone che parla di «viaggiatore» e di «vento», secondo la più trita retorica da rocker on the road. Prosegue: «Questo è un concerto teatrale… neanche noi sappiamo cos’è». Almeno è onesto. Poi: «Estate / che son tre mesi per dire cazzate», «Guardo le bolle / che belle», «Si potrebbe / ma è meglio di no / perché “si potrebbe” / non è mica “si può”».
E via di rime facili facili, da concerto estivo, o meglio (peggio) da intrattenimento consolatorio: arte disinnescata.
Marco Paolini è attore che abbiamo enormemente amato in Bestiario Italiano, una quindicina di anni fa: accompagnato da fior fiore di musicisti diceva e cantava versi di immensi poeti italiani (Caproni, Zanzotto, Scialoja, Merini, …).
Oggi abbassa il tiro, trovando complicità col pubblico attraverso facili premesse condivise: le barzellette da caserma, il Monopoli («ma se avevi i viola…»), le compiaciute auto-citazioni («Caro César, io sono un compagno…» e «mi han messo al bando da Treviso»), le parolacce («cazzo», «cazzo», «cazzo»… ricordate Pigro di Ivan Graziani?).
Il pubblico, entusiasta, batte le mani (più o meno) a tempo. Alla fine, per i bis, tutti sotto al palco, mentre Monguzzi canta (almeno è sincero): «L’ho fatto per me / e non per voi».
Unico momento sublime: il racconto dell’organizzazione, nell’83, di uno spettacolo di Carmelo Bene. Qui Paolini si mette finalmente al servizio di una storia, raccontandola come lui sa fare, cioè da dio.
Per il resto: una macchina per innaffiare qualche debordante ego, vanità di vanità. Peccato.
MICHELE PASCARELLA
Marco Paolini e Lorenzo Monguzzi, Song n. 14 Concerto teatrale
Visto il 10 luglio 2013 in Piazza Nenni/Molinella a Faenza (RA) – info