«Ma che m’hai dato? Le salviettine per pulire l’argento? Sanno de Sidol». Lui a lei. Cronometrati tra la mitraglia di parole e silenzi massimo sei secondi. Sul traghetto per l’isola del Giglio. Estate 2013. La fortuna di regalarmi una vacanza da ricchi in un posto per ricchi.
Sul promontorio dell’Argentario va di scena la Toscana verde. Sa di montagna, mare e collina. Tutto insieme tra curve e calette mozzafiato. Se la vista acceca la vista, l’orecchio non riesce ad isolare storture e brutture di turisti arricchiti, privi di eleganza, vestiti di arroganza e sprovvisti della parola misura. Eppure vacanza è vacatio. Sospensione dalla vita quotidiana. Sapersi fermare e mettersi in pausa. Parlare sotto voce. Silenziare il telefono. Usare garbo nelle richieste. Sorridere con chi lavora per te e ti regala benessere. Non costringere chi è vicino a sentire cosa stai dicendo.
E allora succede che, se capiti in un albergo a quattro stelle a picco sul mare dove una doppia per una notte costa 300 euro e una modesta cena a due piatti 100 euro, abbracci sì, appena ti svegli, il mare della caletta assonnata, il vento che ti parla addosso e Giannutri che ispira una poesia, ma devi fare i conti a colazione con un brizzolato che in bermuda fotografa un’opera d’arte all’ingresso della terrazza, la signora che parla al telefonino con la domestica in città, il giovane che con la sua donna passa in rassegna tutti gli appartamenti che si possono acquistare a Roma al rientro o gli americani che dando le spalle a Cala Piccola, tengono una specie di conferenza con i camerieri.
Lezione di stile mancata e cercata lontano da casa in un posto chic. E la conferma che il conto corrente non va di pari passo con la sobrietà. Che il silenzio sia benzina per la mente e amico di un paesaggio che chiede nobile rispetto. Sempre e solo una questione di stile. Anche in vacanza. Quello stile in estinzione.