Maria Di Biase, è molisana, anche se è nata a Montreal, Corrado Nuzzo invece salentino doc. Per incontrarsi non bastavano quattro ore di macchina, allora si sono conosciuti a Bologna dove sono diventati coppia, artisticamente e nella vita.
Maria c’era venuta per studiare matematica, si è laureata, poi ha preso un’altra strada. Perché anche la comicità è calcolo? «Sicuramente i meccanismi comici hanno alla base schemi matematici, ma appena ho conosciuto l’arte scenica e soprattutto Nuzzo, la componente irrazionale ha preso il sopravvento. Forse per questo ho deciso di lasciare un lavoro (allora sicuro) come l’insegnante per quello meno certo che è il teatro. Considerato i tagli fatti alla scuola e la fatica dei precari, potrei dire che c’ho visto lungo e che il fato, la fortuna, o più semplicemente il fattore C²… mi hanno aiutato molto».
Corrado invece c’è venuto per diventare mimo. Seminari, lo studio della maschera, del clown. Potevi essere il Marcel Marceau del tacco d’Italia, invece hai cominciato a parlare. «Avrei amato tantissimo fare il mimo, riempire lo spazio scenico di silenzi e poesia gestuale, seguire il sentiero tracciato da grandi maestri come Marceau, Decroux, Lecoque, ma poi son pur sempre un terrone e se inizio a gesticolare è perché ho voglia di raccontare una storia e di affabulare il pubblico. Questo non toglie che nutro una profonda passione per le arti come la clownerie, la giocoleria, la magia, e la musica, a cui mi dedico anche al di là dei risultati che riesco a raggiungere e che, detto tra noi, a volte sono anche abbastanza deludenti!».
Nei vostri spettacoli infatti si vede un tocco circense, quasi burlesque. «Si, il Nuzzo Di Biase Live Show è un varietà che portiamo in teatro ma potrebbe tranquillamente stare sotto un tendone, così come i nostri personaggi-mostri sono degni del circo Barnum».
Spesso ospitate anche altri artisti bizzarri e alternativi, quasi a formare una corte dei miracoli. «Beh, non vorremmo fare torto a nessuno, ma il numero più assurdo è stato quello del mangiatore di spade. Talmente educato che per mangiarle usava coltello e forchetta».
Tv, teatro, cabaret, radio, un corto con Peppe Servillo, Andrea Mirò e Freak Antony. Come adattate la vostra comicità al mezzo? «In radio ad esempio, da pochissimo abbiamo smesso di gesticolare perché il linguaggio del corpo non ci sembrava idoneo e a breve Maria vorrebbe anche eliminare quei cinque minuti di balletto iniziale».
Bel privilegio anche lavorare con la Gialappa’s. Sembra un’isola felice. «Credo si divertano ancora, hanno un altissimo senso del comico, lavorano insieme da più di vent’anni, hanno gusto, ma soprattutto sono tre persone completamente diverse chiuse in un gabbiotto».
Quest’anno la serie A, nella squadra di Zelig. Vi hanno emozionato di più Il Teatro degli Arcimboldi, i 2500 spettatori in platea o i 6 milioni alla tv? «Forse Gino e Michele dietro le quinte…».
Ma la comicità, al contrario della satira che, pare, alla gente non interessi più, si è inflazionata? «La gente ha ancora voglia di ridere, vuole esorcizzare le sue paure, siano politiche, religiose, sessuali ecc. Il comico è colui che sbugiarda il potere, come un bimbo grida il re è nudo. Se il re si arrabbia è solo perché ce l’ha piccolo. Cosa avrà voluto dire?».
Per lavoro, avete deciso di trasferirvi, ma fino a ieri la vostra base è stata Bologna. Offre poco fermento? «No, è ancora molto vitale, in ottima salute dal punto di vista creativo e frequentiamo tantissimi artisti che ci vivono. Forse le istituzioni dovrebbero fare solo più attenzione a quel sottobosco che da anni lavora sotto le due torri ma che non riesce a volte ad emergere».
Eppure, tutti a dire che la città si è intristita. Certo, se andate via anche voi… «Non siamo per nulla romantici, niente di peggio dei vecchi nostalgici che ricordano i tempi andati. Forse è proprio questo che dà quella vena di tristezza al tutto. In realtà Bologna ha le carte in regola per essere una fucina di creatività. In quella fucina abbiamo fatto il nostro apprendistato, ci abbiamo lavorato e creduto per anni e se ora siamo via è solo perché abbiamo cambiato mansione e siamo diventati agenti di commercio… Ah! Ah!».
Però la lasciate per Milano, con tutta quella nebbia… «Ah, e noi che pensavamo avessero montato dei gigantissimi vaporizzatori d’aria! In realtà Milano ci piace. C’è chi dice che è una città grigia, senza colori, ma in realtà non è così, c’è il grigio chiaro, il grigio scuro, il grigio topo, il grigio perla, il grigio fumo…».
Per fortuna ogni tanto tornate in Molise o in Salento. Altra vita quella al Sud? Sole, mare, panzerotti, pizzica… «Tornare a casa è sempre rigenerante. Corrado si dedica ad un’altra sua grande passione: quella del giardinaggio. Ha una invidiabilissima collezione di piante grasse e si vanta del suo ottimo pollice verde. Non ho mai avuto il coraggio di dirgli che sono il clima favorevole e il vicino di casa disponibile, che io pago sottobanco, a fare di lui il floricoltore più preso in giro del Salento. In Molise invece abbiamo una casetta nel paesino di Maria, all’interno del borgo medievale, dove ci abita solo un ristretto gruppo di olandesi, qualche vecchietta e un muratore. Vi giuriamo che intavolare qualunque tipo di discorso è un vero spettacolo. I temi forti delle nostre chiacchiere sono: pro e contro l’uso degli zoccoli di legno, l’utilizzo dei mattoni forati, e le tecniche miste di uncinetto ad uso degli stranieri… Uno diventa straniero quando manca più di venti giorni dal posto, quindi anche noi rientriamo in questa categoria».
Ma cosa fa ridere i comici? «Un bravo comico».
E invece, per cosa piangete? «Perché? Il comico piange?».